Corte d’Appello di Catania: assegno divorzile all’ex moglie che ha dedicato tutta la vita alla famiglia… è il principio di solidarietà

Corte d’Appello di Catania: assegno divorzile all’ex moglie che ha dedicato tutta la vita alla famiglia… è il principio di solidarietà

Si continua a parlare del principio di solidarietà, introdotto nel nostro ordinamento dalle Sezioni Unite della Cassazione con sentenza 18287/2018 sulla scia europea. Secondo questo principio, ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, devono essere certamente comparate le condizioni economico-patrimoniali degli ex coniugi, ma occorre soprattutto considerare il contributo che l’ex coniuge richiedente l’assegno ha dato alla formazione del patrimonio familiare durante il matrimonio.

Se il contributo è notevole (nel senso che il coniuge ha dedicato una vita intera alla casa e alla famiglia, sacrificando aspettative professionali e reddituali) e il matrimonio è durato per diversi anni, il coniuge richiedente ha diritto all’assegno divorzile.

La ratio è chiara: ho sacrificato una vita intera per la famiglia, a 50 anni non ho più capacità lavorativa, ho diritto alla “solidarietà” del mio ex marito (o ex moglie) sotto forma di assegno.

La Corte d’Appello di Catania, con sentenza 15/2019 del 7 gennaio, ha ribadito questo principio. In primo grado un uomo era stato condannato a versare alla moglie un assegno divorzile di 200 euro al mese. Motivo? La donna aveva dedicato tutta la vita alla famiglia durante un matrimonio durato 25 anni. Impossibilitata a trovare lavoro, poteva fare affidamento solo sul sostegno economico del marito. E quest’ultimo, secondo il Tribunale, poteva provvedere al sostentamento dell’ex moglie godendo di una buona posizione lavorativa.

Non è stato dello stesso avviso il condannato, che ha proposto appello contro la sentenza del primo giudice per vedere revocato l’assegno divorzile.

Secco il “no” della Corte etnea, che ha ritenuto perfettamente applicabile al caso di specie il principio di solidarietà: “Ove […] si accerti che lo squilibrio economico patrimoniale conseguente al divorzio derivi dal sacrificio di aspettative professionali e reddituali fondate sull’assunzione di un ruolo consumato esclusivamente o prevalentemente all’interno della famiglia e dal conseguente contributo fattivo alla formazione del patrimonio comune ed a quello dell’altro coniuge, occorre tenere conto di questa caratteristica della vita familiare nella valutazione dell’inadeguatezza dei mezzi e dell’incapacità del coniuge richiedente di procurarseli per ragioni oggettive. Da ciò consegue che rilevanza sempre maggiore ha la durata del matrimonio e l’età del richiedente l’assegno: la funzione assistenziale dell’assegno di divorzio si compone oggi di un forte contenuto perequativo-compensativo. Il che significa che ben diverse sono le valutazioni a seconda che si tratti di matrimonio di breve durata e con soggetti giovani, che possiedono una concreta capacità lavorativa, ed i matrimoni di lunga durata ove uno dei due (tradizionalmente la moglie) abbia dedicato le sue energie alla famiglia, contribuendo a formare nel tempo la ricchezza familiare”.

Nessuna remora per il Collegio, che ha confermato la sentenza del Tribunale e, dunque, l’obbligo dell’uomo di versare alla moglie un assegno di 200 euro mensili.

Ma resta un dubbio: il condannato, dopo la separazione dall’ex moglie, ha costituito una nuova famiglia con la nuova compagna, dalla quale ha avuto una figlia nel 2007. È giusto che lo stesso, pur avendo un lavoro, provveda al mantenimento di due famiglie? La parola alla Cassazione.