“Il patto sporco”: teatro Biondo stracolmo per la presentazione del libro sulla Trattativa

“Il patto sporco”: teatro Biondo stracolmo per la presentazione del libro sulla Trattativa

PALERMO – Un teatro Biondo stracolmo come nelle più grandi occasioni: questa la cornice che ieri ha accolto la presentazione del nuovo libro edito da Chiarelettere “Il patto sporco”, libro firmato dal pm Nino Di Matteo e dal giornalista Saverio Lodato in cui il magistrato risponde alle domande del giornalista ricostruendo le varie tappe che hanno portato, il 20 aprile 2018, ad emettere la sentenza di primo grado sul processo Trattativa Stato – mafia.

Tra gli ospiti intervenuti alla serata, oltre agli autori, Giuseppe Lombardo, procuratore di Reggio Calabria, Carlo Smuraglia, presidente emerito dell’A. N. P. I. e l’avvocato Armando Sorrentino. Moderatore dell’incontro, il direttore di Antimafia duemila Giorgio Bongiovanni.

La serata, anticipata da un breve filmato sulle stragi più efferate di mafia, coadiuvato dalla performance di Claudio Gioè e Carmelo Galati – che hanno letto alcuni passi dell’intervista realizzata da Lodato nei confronti del pm Di Matteo – ha visto avvicendarsi i vari punti di vista dei presenti, interrotti spesso dallo scrosciare degli applausi da parte del pubblico presente.

Punto focale della serata appunto, il processo sulla Trattativa Stato – mafia o meglio, le tessere del complicato puzzle che hanno portato alla sentenza di primo grado. Processo affatto semplice, non tanto per le prove e le testimonianze da raccogliere, quanto per “il clima di delegittimazione e derisione” che si respirava durante le fasi preliminari del processo, per dirla con le parole del pm Nino Di Matteo, che ci tiene a sottolineare: “Questa di cui si parla è una vicenda oggetto di travisamenti, scomoda per il potere che, infatti, tenta in tutti i modi di mettere a tacere chiunque ne parli, accusandolo di essere un visionario. Questo processo però non è l’unico degno di essere ricordato: anche il maxiprocesso e il processo Andreotti costituiscono infatti una pagina importante della nostra storia. Tornando al processo Trattativa, in principio vigeva l’atteggiamento negazionista, arrivando perfino a dire, mentendo, che la trattativa abbia evitato lo spargimento di ulteriore sangue. Non è vero, anzi lo provocò! Costituì di fatto l’accelerazione dell’assassinio di Paolo Borsellino, tanto per citare un caso. Oggi, dopo la sentenza di primo grado del 20 aprile invece, contrariamente alla legittima critica aspra e al dibattito da parte di chi contestava, troviamo un silenzio assordante. Nessuno è disposto a parlare più di questo argomento. Invece è necessario non solo parlarne – conclude Di Matteo – ma far si che questo processo rimanga scolpito nella mente della gente, perchè vengono citati uomini attualmente importanti nella storia politica del nostro Paese”.

Dello stesso avviso il giornalista Saverio Lodato, che non ha nascosto la propria meraviglia nel vedere il teatro stracolmo: “Quando abbiamo organizzato la serata, ci siamo domandati se sarebbe mai venuto qualcuno. Invece, fortunatamente, alla gente interessa sapere! Noi stasera siamo qui per dire a voce alta che abbiamo capito tutto quello che c’era da capire, perchè è impensabile credere, dopo ben ventisette anni, alla favoletta che vuole il latitante Matteo Messina Denaro protetto solo da amici e familiari. In questi anni, in questi mesi, stanno arrestando tutti coloro i quali sono anche lontanamente sospettati di essergli vicino. Chi lo protegge dunque? Perché ancora non lo si riesce a catturare? Le oltre cinquemila pagine della sentenza, non possono essere frutto di visionari. La mafia esiste da duecento anni. Non esistono organizzazioni criminali tanto longeve. Se è vero – conclude –  che le vittime della mafia degli anni Ottanta e Novanta vennero uccise da quei criminali, è innegabile che siano state condannate a morte dallo Stato Italiano di allora”.

Chi crede però che le organizzazioni criminali siano tante ed indipendenti, resterà deluso. Parola di Giuseppe Lombardo, procuratore di Reggio Calabria: “La mafia è una sola e si muove come un sol uomo, in modo da non danneggiare mai gli altri componenti. E’ sbagliato credere in una presunta rivalità tra ‘ndrangheta e mafia ad esempio: lo stesso boss Riina, per esempio, scelse come ‘compare d’anello’ il boss di Catanzaro: scelta quantomai significativa, indicante il sodalizio in atto. “