Corte d’Appello di Catania: assegno divorzile solo alla moglie che prova di non poter lavorare

Corte d’Appello di Catania: assegno divorzile solo alla moglie che prova di non poter lavorare

In sede di divorzio, sono due le fasi che il giudice deve seguire per riconoscere o meno il diritto all’assegno divorzile:

la fase dell’an debeatur, improntata sul principio dell’autoresponsabilità economica, nella quale il giudice deve verificare se il richiedente l’assegno sia effettivamente sprovvisto di mezzi adeguati per il sostentamento personale (redditi di qualsiasi specie, cespiti mobiliari e immobiliari, capacità di lavoro personale, stabile disponibilità di un’abitazione) e/o se per lo stesso sia impossibile procurarseli per ragioni oggettive;

la seconda fase è quella del quantum debeatur, in cui il giudice, una volta riconosciuto all’ex coniuge meno abbiente il diritto all’assegno divorzile, stabilisce l’importo dell’assegno dovuto dall’obbligato.

È quanto stabilito dalla Cassazione poco più di un anno fa, con sentenza n. 11504/2017.

Ciò che ha reso rivoluzionaria questa pronuncia, e sovversiva degli orientamenti giurisprudenziali passati, è stato, tra le altre, l’aver stabilito l’inversione dell’onere della prova sullo stato di bisogno del richiedente l’assegno: secondo la Suprema Corte grava sul coniuge obbligato a versare l’assegno l’onere di provare la sussistenza di mezzi adeguati in capo all’altro coniuge e/o la possibilità di procurarseli.

Sulla scia di questa innovazione si sono mossi i tribunali, ma non senza polemiche. Ai giudici che hanno seguito le recenti indicazioni della Corte sull’onere probatorio si sono contrapposti quelli che hanno continuato a sposare l’orientamento passato, secondo il quale spetta al coniuge richiedente l’assegno l’onere di provare il suo stato di bisogno.

E su questa seconda strada ha camminato anche la Corte d’Appello di Catania.

In una sentenza di due giorni fa, emessa in seno ad un giudizio di divorzio, la Corte territoriale ha ribadito il principio di autoresponsabilità economica già sancito dalla Cassazione nel 2017 (consistente nella verifica della mancanza di mezzi adeguati e/o dell’impossibilità di procurarli per ragioni oggettive), ma ha anche fatto un passo indietro in tema di onere probatorio.

Per la Corte d’Appello etnea spetta al coniuge richiedente l’assegno divorzile l’onere di dimostrare il suo stato di bisogno, e quindi la mancanza di mezzi adeguati sufficienti e/o l’impossibilità di procurarseli.

Nel caso di specie, una donna domandava il riconoscimento del diritto ad un assegno divorzile, adducendo di essere meno abbiente rispetto al marito. Per la Corte, tuttavia, non è bastato: è onere della moglie provare di non riuscire a trovare lavoro nonché l’inesistenza di rendite (anche derivanti da immobili) che possano sostituire i redditi da mancata occupazione. Un discostamento, dunque, rispetto al novello indirizzo dei giudici di legittimità.

E se le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 18287/2018, lo scorso maggio sono intervenute per dirimere il contrasto sui criteri da seguire per la determinazione dell’assegno divorzile, occorre ancora fare chiarezza sul tema, certamente spinoso, dell’onere probatorio sullo stato di bisogno.