Festa dei morti, miti e leggende di Sicilia sulla commemorazione dei defunti

Festa dei morti, miti e leggende di Sicilia sulla commemorazione dei defunti

PALERMO – Nel complesso di feste e commemorazioni care alla tradizione siciliana, un posto d’eccezione è riservato alla festa dei morti, una ricorrenza antichissima che risale agli albori del X secolo quando la Chiesa iniziò a cristianizzare le feste pagane. Una tra le tante è, per l’appunto, quella dedicata alla commemorazione dei defunti, che in Sicilia, più che in altre parti, assume contorni particolari.

Il rapporto con la morte, infatti, ha nella nostra Isola un aspetto bivalente: se da un lato le anime dei defunti vengono scacciate con l’ausilio di riti e preghiere per allontanare il pericolo di contatti con gli inferi, considerati dominio assoluto del male, dall’altro sono paradossalmente invocate per chiedere protezione e aiuto.

Secondo leggende e dettami della tradizione popolare, nella notte tra l’1 e il 2 novembre la linea di confine che separa il mondo dei vivi da quello dei morti si annulla e permette alle anime dei defunti di entrare in contatto con i propri cari, portando con sé dolciumi e regali da donare in particolar modo ai bambini, a testimonianza della loro presenza e del loro vegliare sulla famiglia. Le anime dei morti ripopolano, allora, le vie del paese, fanno visita ai vivi, tornano a casa durante la notte. 

In Sicilia, per esempio, una leggenda molto diffusa è quella secondo la quale le messe dei morti celebrate in chiesa siano cantate dalle anime dannate dai preti che ingannarono i fedeli non celebrando (per avidità di guadagno) le messe per cui dagli stessi fedeli avevano ricevuto una somma di denaro. Queste anime, dunque, devono celebrare anno per anno una messa fin quando non avranno soddisfatto il loro obbligo. Le stesse messe sono, invece, ascoltate da quei morti che per pigrizia e negligenza non le avevano frequentate da vivi.

Se a Catania si racconta di defunti che passeggiano in processione per le strade recitando il rosario, a Modica (Ragusa) si crede che per i 3 giorni successivi alla sepoltura, il morto rientri in casa per sfamarsi con pane e acqua: per questo i parenti gli lasciano, di notte, pane fresco in abbondanza poggiato su una sedia. In molti comuni dell’Etna, invece, si dice che i morti – dopo aver vagato per i sentieri disabitati intorno al vulcano – si trasformino in formiche che rientrano a casa, dalle fessure, per rimanere con i loro congiunti.

La commemorazione dei defunti ha anche un proprio cibo: un dolcetto di marzapane chiamato appunto “ossa dei morti” per la sua forma, tipicamente palermitano, ma diffuso anche in Calabria e nella provincia di Padova e Cremona. Le “ossa dei morti” rappresentano il dolce che a Palermo i bambini buoni trovano appena svegli, la mattina del 2 novembre, insieme ad altri regali; ai bambini cattivi saranno invece riservati aglio, carbone e scarpe rotte. La tradizione vuole infatti che nella notte tra l’1 e il 2 novembre, i morti lascino le loro case per andare in città e rubare ai più ricchi pasticceri e negozianti dolci, giocattoli e tutto quello che hanno intenzione di portare ai parenti vivi.

Immagine di repertorio