Difetto di crescita intrauterino

Difetto di crescita intrauterino

La più comune definizione di IUGR è quella di una stima del peso fetale inferiore al 10° percentile per l’epoca gestazionale in un qualsiasi monento della gestazione, classificando i neonati come piccoli per l’epoca gestazionale (SGA< 10° centile), appropriati per l’epoca gestazionale (AGA 10°-90° centile) e grandi per l’epoca gestazionale (LGA > 90° centile).

Una crescita ridotta può dipendere da insufficienza cronica utero-placentare, esposizione a farmaci, infezioni congenite o da una intrinseca limitazione del potenziale di crescita geneticamente determinato. Nel loro insieme i difetti di crescita rappresentano un fattore concomitante nel 26% delle morti intrauterine, con un rischio di mortalità perinatale da 4 a 8 volte superiore a quello della popolazione normale, mentre circa la metà di quelli che sopravvivono hanno sequele a breve o a lungo termine. Inoltre dal 9 al 27% dei feti affetti da ritardo di accrescimento presentano anche anomalie anatomiche o genetiche con un rischio fino a tre volte maggiore della media, di anomalie strutturali gravi (come nel caso dell’ agenesia renale bilaterale) o severe trisomie autosomiche (come la trisomia 18).

Il termine difetto di crescita intrauterino dovrebbe essere riservato a quei feti nei quali è dimostrata l’evidenza di una anomala riduzione della crescita rispetto al proprio potenziale di sviluppo. E questi feti non debbono necessariamente essere “piccoli per l’epoca gestazionale”; un feto infatti, che in un lasso di tempo relativamente breve sia passato dal 90° al 30° centile è quasi certamente più a rischio ipossico di un feto che abbia mantenuto costantemente una crescita al 5 centile. Questi rappresentano, peraltro, due esempi dei due differenti dipi di ritardo di accrescimento intrauterino, generalmente definiti: asimmetrico (o sproporzionato o late flattening), caratterizzato da una rapida riduzione della crescita nell’ ultima parte della gravidanza e simmetrico (o proporzionato o low profile) risultante da un costante e consistente ritmo di crescita subottimale, difficile da distinguire di per sé dai limiti inferiori di una crescita normale. È quindi importante la stima della crescita e non della grandezza di un feto, poiché l’obiettivo della sorveglianza prenatale è anticipare o dimostrare dei problemi clinici che possano giovarsi di una condotta appropriata, e stabilire che un feto è piccolo non stabilisce che esiste un problema come solo la dimostrazione di una crescita alterata può fare.

Benché esistano dei fattori materni di rischio ben identificati nel determinare difetti di crescita intrauterina, quali l’ipertensione, il diabete, l’anamnesi positiva per un precedente IUGR, o la dipendenza accertata da droghe o fumo, nell’insieme tutte queste cause non si ritrovano che nel 50% della patologia della crescita.

Valutazione ecografica:

  1. parametri ecografici da misurare
  2. scelta delle curve di riferimento
  3. intervallo fra un esame e quello successivo e numero di esami da eseguire
  4. epoca gestazionale ottimale per le misurazioni
  5. cut-off

Parametri ecografici

La circonferenza cranica, la circonferenza addominale (CA), il rapporto tra la circonferenza cranica/circonferenza addominale (CC/CA) e la lunghezza del femore (LF) sono le misurazioni più comunemente usate nella valutazione della crescita fetale.

La circonferenza addominale è il parametro che più precocemente si discosta dalla norma in caso di ridotta crescita fetale in quanto espressione di fegato ipotrofico, pannicolo adiposo scarsamente sviluppato mentre la crescita cefalica rimane lungamente invariata in quanto privilegiata dagli adattamenti circolatori e metabolici conseguenti alla cronica deprivazione di substrati.

Anche la misura del femore permette una valutazione della crescita armonica del feto; rapportata alla circonferenza cranica rappresenta anch’essa uno dei parametri per la valutazione delle patologie malformative della testa e delle displasie scheletriche.

Curve di riferimento

La letteratura propone numerose tabelle e normogrammi che descrivono il normale accrescimento dei vari parametri biometrici fetali, la scelta e l’uso di una determinata curva di riferimento devono tener conto dei criteri seguiti per la costruzione della curva stessa, relativamente all’obiettivo della datazione della gravidanza o della valutazione della crescita.

Cut off

Anche i limiti scelti per considerare patologici i parametri ecografici utilizzati incide in modo determinante sulla sensibilità del test che aumenta in modo proporzionale al cut off, mentre ovviamente la specificità (numero dei falsi positivi) si comporta in modo opposto. Un buon compromesso, che coniughi elevata sensibilità e accettabile specificità, è ottenuto utilizzando come limite di normalità il 10° centile.

Quando con la datazione e una prima misurazione è stato individuato il potenziale di crescita di un determinato feto, il livello soglia della patologia dell’accrescimento sarà ovviamente rapportato a quella determinata linea di crescita. Ad esempio per un feto che cresce al 60° centile, sarà ritenuto patologico un successivo valore che si collochi al disotto del 20° centile, e così via.