Le mani del clan Trigila nel settore ortofrutticolo: maxi sequestro da oltre un milione di euro, i DETTAGLI

Le mani del clan Trigila nel settore ortofrutticolo: maxi sequestro da oltre un milione di euro, i DETTAGLI

CATANIA – Dalle prime ore della mattinata odierna personale della Direzione Investigativa Antimafia di Catania, diretta da Renato Panvino, sta eseguendo due decreti di sequestro beni emessi dal Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione – su proposte avanzate dal Direttore della D.I.A. Giuseppe Governale, in sinergia con la Procura della Repubblica di Catania diretta dal procuratore Carmelo Zuccarro, nei confronti di Antonio Giuseppe Trigila, 67 anni, inteso “Pinnintula”, capo indiscusso dell’omonimo clan mafioso – operante nella zona sud della provincia di Siracusa, inserito nel più ampio cartello mafioso con il clan diretto dal noto boss Sebastiano Nardo e legato al pericoloso ed egemone clan mafioso catanese Santapaola – condannato alla pena dell’ergastolo, e Gianfranco Trigila, 44 anni , fratello del predetto, esponente di spicco del medesimo clan.

La carriera criminale dei fratelli Trigila, Antonio Giuseppe e Gianfranco, è costellata da numerosi precedenti penali tra i quali vanno evidenziati, a vario titolo, l’associazione mafiosa, la partecipazione ad associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, acquisto detenzione e vendita illeciti di sostanze stupefacenti, riciclaggio, estorsione in danno di esercizi commerciali, omicidio, porto illegale di armi e furto.

In data 26 settembre 2016, da ultimo, la Polizia di Stato di Siracusa, nell’ambito dell’Operazione di Polizia denominata “Ultimo Atto” ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catania nei confronti di Nunziatina Bianca, moglie di Antonio Giuseppe e nei confronti di Gianfranco Trigila, in quanto indagati per associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e per la gestione diretta della stessa attività di spaccio, il tutto aggravato dalla “finalità mafiosa”, al fine di agevolare le attività del sodalizio mafioso in questione.

I minuziosi e complessi accertamenti patrimoniali svolti dalla D.I.A. di Catania nei confronti di Antonio Giuseppe e del fratello Gianfranco, estesi anche ai rispettivi nuclei familiari, hanno consentito non solo di pervenire a una puntuale ricostruzione del loro profilo criminale, che ne ha evidenziato la spiccata pericolosità sociale, ma anche di accertare, in base all’attività svolta dagli stessi, la rilevante sproporzione tra i redditi dichiarati e gli arricchimenti patrimoniali dei predetti, evidentemente provento dell’attività delittuosa.

L’esito della complessa e articolata attività svolta è stato condiviso dal Tribunale di Catania che ha disposto, con i provvedimenti ablativi in corso di esecuzione, il sequestro dei beni, complessivamente stimati in oltre un milione di euro.

Nel corso delle indagini svolte nell’ambito dell’operazione di Polizia denominata “Ultimo Atto” è stato accertato, infatti, che l’omonimo clan mafioso, oltre a essere dedito alle tradizionali attività illecite delle estorsioni, dello smercio di stupefacenti e del gioco d’azzardo, gestiva, direttamente e/o indirettamente, altre attività legate alle risorse del territorio attraverso la fittizia intestazione a terzi di immobili e società.

Dai colloqui in carcere intercorsi fra Antonio Giuseppe e i suoi familiari, captati nell’ambito delle attività investigative, emergeva inconfutabilmente l’interessamento del capo clan nei confronti di un’impresa esercente l’attività di “fabbricazione di imballaggi in legno”, operante nell’indotto del mercato ortofrutticolo di Pachino.

Il Trigila, infatti, si informava in merito agli affari economici dell’azienda e alle somme di denaro provenienti dall’attività svolta che dovrebbero entrare nelle casse del clan.

Al riguardo, infatti, il Trigila riferiva chiaramente di aver effettuato un cospicuo investimento nella suddetta impresa – circa “trecentocinquanta milioni”, non meglio specificati –  per l’acquisto di un macchinario per la costruzione delle cassette.

Successivi accertamenti patrimoniali permettevano di acclarare che la predetta impresa era stata acquistata da Graziano Buonora, genero del capo clan “Pinnintula”.

Il patrimonio oggetto dell’odierno sequestro è composto da:

  • compendio aziendale di un’impresa individuale operante nel settore di bar e ristorazioni;
  • un’impresa individuale operante nel settore della fabbricazione di imballaggi in legno;
  • quattro autoveicoli e un motoveicolo;
  • 5 immobili;
  • rapporti finanziari e disponibilità bancarie;

per un valore complessivo di oltre un milione di euro.