Assegno divorzile: ecco la tanto attesa sentenza delle Sezioni Unite

Assegno divorzile: ecco la tanto attesa sentenza delle Sezioni Unite

Fin dai primi anni ’90, il tenore di vita goduto dai coniugi durante il matrimonio è stato considerato dai giudici il parametro per eccellenza nella determinazione dell’assegno divorzile dovuto da un coniuge all’altro meno abbiente.

Tale orientamento è rimasto saldo fino al maggio del 2017, quando la Cassazione Civile, con sentenza n. 11504/2017, ha messo fine al diritto del coniuge economicamente più debole ad essere mantenuto per sempre dall’altro, anche dopo il divorzio. Questa sentenza si è posta, dunque, in contrasto con l’orientamento prevalente in giurisprudenza in materia di assegno divorzile.

Proprio due giorni fa, con la sentenza n. 18287/2018 le Sezioni Unite civili della Cassazione sono intervenute per dirimere questo contrasto ed hanno spiegato che “all’assegno di divorzio deve attribuirsi una funzione assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa. Il parametro così indicato si fonda sui principi costituzionali di pari dignità e di solidarietà che permeano l’unione matrimoniale anche dopo lo scioglimento del vincolo. Dunque, ai fini del riconoscimento dell’assegno si deve adottare un criterio composito che, alla luce della valutazione comparativa delle rispettive condizioni economico-patrimoniali, dia particolare rilievo al contributo fornito dall’ex coniuge richiedente alla formazione del patrimonio comune e personale, in relazione alla durata del matrimonio, alle potenzialità reddituali future ed all’età dell’avente diritto“.

In altre parole, il coniuge che si impegna durante il matrimonio, che contribuisce alla formazione del patrimonio coniugale e personale, ha diritto a qualcosa in più nell’assegno divorzile.

Tale contributo può, infatti, incidere sul profilo economico e patrimoniale di entrambi i coniugi dopo la fine del matrimonio e, per questo, va considerato nello stabilire l’assegno di divorzio.

Con questa decisione comincia a farsi strada l’idea che non è possibile equiparare tutti i matrimoni. Un conto è il matrimonio di 1 anno o poco più, che non prevede assegno, un altro conto è la vita coniugale duratura, alla costruzione della quale entrambi i coniugi hanno contribuito. Durata del matrimonio e contributo fornito da ciascun coniuge costituiscono quel criterio composito che, secondo gli Ermellini, deve incidere sulla portata dell’assegno divorzile.