Sex robot: ultimi modelli, ammonimenti e implicazioni etiche

Sex robot: ultimi modelli, ammonimenti e implicazioni etiche

Bisogna preparare la società alle potenziali conseguenze dell’uso diffuso dei sex robot” chiosano gli esperti di Responsible Robotics, fondazione etica la cui missione è, come si legge sulla pagina About us, Our mission del loro sito, “plasmare un futuro di progettazione, sviluppo, regolazione e implementazione della robotica in modo responsabile”.

Così, mentre i futurologi ci avvertono sui possibili rischi che deriverebbero dai rapporti sessuali con i robot, nel Regno Unito apre il primo bordello hi-tech con androidi al posto delle prostitute: Lovedoll UK. Qui si può trovare la RealDoll più evoluta, Harmony, lanciata nel gennaio 2018 da Abyss Creations e RealBotix. Harmony è dotata di IA, può muovere le labbra, parlare, ha la pelle riscaldata ed è ricoperta di sensori che le consentono di raggiungere l’orgasmo. Il robot possiede, inoltre, una personalità; può quindi risultare in base al contesto intelligente, romantico, lunatico, timido e persino intraprendente. Ma quanto costa Harmony? Beh, dipende… se si tratta di una sola notte 100 sterline, mentre chi desidera comprarlo deve cacciare tra le 15 e le 50 mila sterline, a seconda degli accessori.

Sorella di Harmony è poi Samantha, più o meno con le stesse caratteristiche, salvo il fatto che con lei è possibile conversare di filosofia, scienza e animali fino quasi ad «innamorarsene», come sostiene il suo creatore Matt McMullen. Infine c’è Solana, le cui parti intime sono controllabili via smartphone.

I ricercatori del St. George’s University Hospital, in uno studio pubblicato sulla rivista BMJ Sexual & Reproductive Healt, si chiedono se i sex robot passano avere un valore terapeutico per trattare problemi della libido, disturbi quali disfunzione erettile ed eiaculazione precoce. Se da un lato, infatti, i robot aiuterebbero i pazienti a superare le proprie patologie e nevrosi, dall’altro potrebbero condurli a un peggioramento della gestione dell’intimità con gli altri esseri umani.

In un’intervista a Wired, Gianmarco Veruggio, ingegnere esperto di robotica sperimentale e direttore di ricerca al CNR di Genova, ritiene che “difficilmente ci troveremo di fronte a scenari alla Blade Runner, in cui i robot saranno le vittime; con la tecnologia attuale sarebbe impossibile. Il problema non è se il robot prova dolore, ma quello che proviamo noi. Se ci abituiamo, per esempio, a picchiare un androide, lui non sente nulla, ma è lecito immaginare che prima o poi saremo noi i soggetti di una desensibilizzazione di massa. E questo non è mai un bene” conclude il dottore.