La lingua italiana è destinata a sparire?

La lingua italiana è destinata a sparire?

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

L’italiano tra evoluzione ed estinzione: numerose le prospettive per i prossimi secoli.

“L’Italia è fatta: ora bisogna fare gli italiani”.

Questa celebre frase, enunciata da Massimo D’Azeglio ai tempi dell’Unità d’Italia, ha un valore storico fondamentale. Infatti il nostro Paese, sebbene risultasse politicamente unito, dal punto di vista culturale assumeva ancora le sembianze di un territorio diviso in piccoli stati: l’italiano non era parlato da tutti poiché subiva l’influenza dei dialetti regionali.

Tuttavia, anche oggi la lingua italiana è messa duramente alla prova: «Se procediamo di questo passo nel 2300 l’italiano sarà sparito. Al suo posto si parlerà solo l’inglese» afferma il presidente dell’Accademia della Crusca Claudio Marazzini.

I dati parlano chiaro: il numero di anglicismi presenti è in esponenziale crescita e sempre più italiani trovano difficile comprendere termini ormai appartenenti a un linguaggio aulico.

Chissà cosa penserebbero i grandi poeti se potessero vivere oggi… lo stesso Dante resterebbe destabilizzato se gli italiani, vedendolo passeggiare, facessero a gara per guadagnarsi un “selfie” con lui: chi si lascerebbe scappare l’occasione di ottenere 100.000 “like” pubblicando una foto con un uomo dal naso così “cool”?

Per non parlare di Manzoni… riuscirebbe a trovare un buon “wedding planner” per Renzo e Lucia?

Ci sono però opinioni differenti riguardo a questa nuova “questione della lingua”.

Gran parte degli sguardi sono rivolti al fenomeno della globalizzazione: secondo i sostenitori di questa teoria non ci sarà più posto per l’italiano, troppo debole per sostenere l’influenza delle altre “grandi” lingue.

Un aspetto da considerare è anche il web: «Se l’italiano non viene sostenuto, il suo utilizzo online rischia di atrofizzarsi» conferma l’Istituto di linguistica computazionale del Cnr di Pisa.

Alcuni la pensano diversamente: secondo loro è proprio la continua fase di cambiamento che rende una lingua viva e contemporanea, pertanto l’imponenza dell’italiano, mutatis mutandis, rimane invariata anche oggi e lo rimarrà ancora. Tale locuzione latina, che di certo non fa riferimento alla biancheria intima, si utilizza per far presente che anche se certe cose mutano, la sostanza rimane la medesima.

I seguaci di questa ipotesi credono quindi che i cambiamenti non siano affatto un ostacolo per la presenza dell’italiano nel panorama globale.

In ogni caso, è un dato oggettivo il numero di parole italiane cadute nel dimenticatoio, tanto che tra qualche secolo potrebbero essere di più le “emoji ” di una tastiera WhatsApp che i vocaboli usati da un italiano.

Infatti in un’epoca in cui la comunicazione avviene sempre più spesso attraverso messaggi veloci, non è da escludere che il nostro linguaggio sia destinato a ridursi a delle semplici immagini, un po’ come nel caso degli antichi egizi con i geroglifici.

Si tratta però di sole congetture, perciò nessuna ipotesi può essere esclusa o confermata con certezza finché non si disporrà di dati più precisi.

È comunque auspicabile che gli italiani capiscano l’importanza di non lasciar morire la loro lingua, ricordando le preziose parole di Don Milani: «Finché ci sarà uno che conosce 2000 parole e uno che ne conosce 200, questi sarà oppresso dal primo. La parola ci fa uguali».

Insomma, se la lingua italiana sparirà, quale speranza avranno gli italiani di non sparire anch’essi?

Marianna Vinciguerra

Classe I Sez. Ac – I.I.S. Concetto Marchesi, Mascalucia (CT)