Giovani e Musica: Il rapporto dei giovani con la nuova industria discografica

Giovani e Musica: Il rapporto dei giovani con la nuova industria discografica

QUESTO ARTICOLO FA PARTE DEL CONCORSO DIVENTA GIORNALISTA, RISERVATO AGLI STUDENTI DELLE SCUOLE SUPERIORI DELLA PROVINCIA DI CATANIA.

Negli ultimi anni è cambiato completamente, soprattutto per i giovani, il modo di fare ed ascoltare musica, sostituendo ai vecchi supporti fisici il più economico e comodo digitale, con relativi pregi e difetti. Con l’avvento dello streaming, basta una connessione internet e un’applicazione sul nostro smartphone, permettendoci di non spendere neanche un centesimo, e soprattutto legalmente, rendendola enormemente più accessibile rispetto al passato.

Youtube è la principale piattaforma dedicata alla condivisione di video musicali, sia di artisti affermati sia di musicisti indipendenti che tentano di farsi strada nel campo. Infatti Youtube conta ben 900 milioni di utenti in tutto il mondo; la quantità di visualizzazioni che è in grado di fare il video di un tormentone estivo qualsiasi è impressionante, per fare un esempio basta andare a vedere quante views ha conseguito il video di Despacito (singolo di Luis Fonsi) dal 2017 ad ora, più di 5 miliardi! Gli artisti e le case produttrici che pubblicano i video sulla piattaforma guadagnano una percentuale in base alle visualizzazioni grazie agli inserti pubblicitari, permettendo non solo maggiore visibilità, ma anche un minimo di retribuzione agli artisti emergenti.

Tuttavia di recente il mondo dello streaming ha fatto passi da gigante grazie al diffondersi di servizi completamente dedicati al solo ascolto di musica, tra i quali spicca certamente Spotify, un’applicazione lanciata nel 2008 da un’azienda svedese che permette lo streaming on-demand di un vastissimo catalogo di artisti in qualsiasi momento e in qualunque luogo, alla modica cifra di 10 Euro al mese.

Anche se di recente supporti come il vinile stanno tornando in voga tra gli appassionati, lo streaming costituisce la maggior parte del fatturato dell’intera industria discografica, costituito da miliardi di dollari.

È innegabile, però che lo streaming abbia pure portato ad una visione sbagliata della musica da parte dei giovani, considerata dalla maggior parte di quest’ultimi come un bene che non è necessario pagare. Molti ragazzi infatti non sono disposti a pagare per un servizio di streaming o per un CD, ripiegando invece su download illegali o versioni pirata. Testimone di questa tendenza è il recente caso di Spotify che, dopo l’entrata dell’azienda in borsa, ha bloccato tutti gli account degli utenti che usufruivano di una versione modificata dell’applicazione che dava loro libero accesso al suo catalogo senza pagare. Molti degli utenti in questione si sono addirittura lamentati pubblicamente sui social della contromisura presa dall’azienda, dimostrando come fosse considerata una cosa perfettamente normale dai più.

Ritenere la musica non degna di essere retribuita è ciò che non permette il definitivo risollevamento dell’industria, è una forma d’arte e per tanto va supportata. Se paghiamo per vedere un film o per un quadro, perché non pagare per una canzone?

 

Luigi Grasso

Classe V, Sez. A meccanica – ITIS “Cannizzaro” di Catania