L’ Italia e la Sicilia nel “cappotto” dei Grillini

L’ Italia e la Sicilia nel “cappotto” dei Grillini

PALERMO – Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due Mondi per la storia italiana, ma non per la storia siciliana, mentre era in esilio e durante gli ultimi anni della sua vita, scrisse una lettera piuttosto interessante per quel tempo, ma per oggi attualissima:

Caprera, 18 maggio 1880, “Io dovevo persistere nel desiderio di rappresentarvi al parlamento nazionale; ciò era conseguenza naturale dell’affetto sommo per voi da me nutrito tutta la vita. Voi avreste potuto, vista la mia spossatezza, ed attenendovi agli interessi materiali, congedarmi e scegliervi un altro rappresentante. Era cosa normale e l’amor mio per Roma non ne sarebbe scemato. Voi invece, uomini di cuore, avete preferito sacrificare gli interessi propri anziché dividervi dal vostro vecchio amico. Ne fui commosso nel più profondo dell’anima, e tengo codesto vostro procedimento cavalleresco come impronta dell’alto vostro carattere promettitore non dubbio al brillante avvenire d’Italia. Nella mia esperienza di oltre mezzo secolo, io devo a voi alcuni schiarimenti veri. Il sistema che ci governa, lo avrete capito come me, non è idoneo a fare il bene della Nazione.

Noi ebbimo la fortuna di quasi unificare il nostro paese, e fu un gran passo il rovesciar nella polve certi tirannucci che costituivano la debolezza d’Italia. Alla volontà costante, indomabile delle popolazioni italiche, che ispirate alle tradizioni ed aspirazioni dei grandi di tutte le epoche, penetraronsi della indispensabile necessità di diventare nazione, non dobbiamo certamente tale grande successo, e non dobbiamo nasconderci che vi contribuirono varie felici circostanze, tra cui conta al primo rango la collaborazione di casa sabauda. I Sabaudi, un po’ per interesse proprio, un po’ per patriottismo, servirono di centro intorno a cui ci radunammo quanti volevamo una patria forte e rispettata. I repubblicani, fra mi onoro di contare, facendo provvisoriamente tacere i loro convincimenti, si accinsero lealmente all’opera. Essi fecero il loro dovere, esigendo dalla monarchia soltanto che facesse il bene del paese.

La monarchia sabauda, diffidente per natura, non fece il bene. Essa, mal consigliata, cercò di consolidarsi calpestando i diritti del popolo e riducendolo alla miseria. Tale è lo stato presente del paese, mancipio di una torna di intriganti, tutt’altro pensando che migliorar le nostre condizioni. Mezza la nazione vive e gavezza alle spalle dell’altra metà. L’interesse del nostro debito pubblico assorbe la metà delle entrate nazionali, ed il resto non basta a pagare esercito, marina, impiegati, preti e pensionati, fra cui sventuratamente conto anch’io. Questo non è lo stato normale d’una Nazione che possiede tutti gli elementi di prosperità.

Io già accennai altre volte ad alcuni rimedi ai nostri mali; ma disgraziatamente per il pessimo governo che ci regge e l’ostinazione di chi potrebbe fare il bene e non lo vuole, qui si predica al deserto. Veniamo ad alcuni di codesti rimedi da me suggeriti:
1° Con cinque mila lire annue, non si muore di fame; e si potrebbe con tale riduzione delle grandi pensioni dare all’erario un cospicuo benefizio.
2° Sostituire l’esercito permanente colla Nazione armata; cioè avere due milioni di militi, invece di poche centinaia di mila soldati. Con ciò si lascerebbero all’agricoltura i tanti giovani che si corrompono nelle caserme. Con ciò, sostituiti dalle categorie dei vecchi e troppo giovani, si potrebbero dare all’esercito, per il giorno di una battaglia decisiva, cinquantamila soldati scelti e destri al maneggio delle armi quali sono i carabinieri reali, i doganieri, i questurini, ecc. La polizia e pubblica sicurezza sarebbero assai meglio eseguite, giacché verrebbero fatte dalla gente stessa del paese pratica dei luoghi, dei dialetti, delle genti. Che volete che faccia un carabiniere siciliano in Piemonte, od un bergamasco in Calabria? Egli nulla conosce, siti, favella, costumi; ed il suo servizio, per quanto intelligente egli sia, a nulla sarà giovevole.
3° Si danno 62 milioni ai preti, acerrimi nemici dell’Italia; ciò è una vergogna e un sacrilegio! Se fossero potenti, essi, come altre volte, ci metterebbero sulla graticola. Io non voglio che si trattino in tal modo. Bensì lasciarli vivere: ed agli impotenti dare una scodella di minestra, ai validi una vanga e carriola, impiegandoli ai tanti lavori utili, di cui abbisogna l’Italia.
4° Lasciando una campana ove abbisogni, di tutte le altre si potrebbe fare dei soldi per la povera gente, e sostituire così un po’ di metallo a quel sudiciume di carta che vi raccapriccia.
5° Il maggior servizio dei prefetti e sotto-prefetti è quello di far dare dei voti favorevoli a chi ci governa. Che necessità di quei signori, ove si trova un sindaco nominato dal Governo?
6° Al vizioso sistema elettorale si deve il vedere in Parlamento, sempre una torma d’affaristi, per cui le sessioni parlamentari diventano una serie di discorsi per lo più inutili, anziché destinate a rimediare i mali del paese. Qui mi occorre un consiglio al popolo romano, come antidoto ai tanti ben! Bravo! Applausi frenetici! Sì stupidamente prodigati dagli elettori di Cossato, Legnago, Bergamo, ai nemici delle libere istituzioni. Il popolo romano, capo della nazione, potrebbe molto bene accogliere a fischi, all’uscita dell’aula, cotesti creatori del macinato, delle guarentigie, convenzione di settembre che rinnegava Roma, ecc.
Molto avrei da dirvi ancora, miei cari amici, ma termino per tanti motivi e mi limito a ringraziarvi della costante e preziosa per me amicizia vostra ».
Facendo un libero confronto fra le due epoche, sembra proprio che dopo 138 anni sia ritornato tutto come prima, ad esempio:
– Mezza la nazione vive e gavezza alle spalle dell’altra metà. L’interesse del nostro debito pubblico assorbe la metà delle entrate nazionali, ed il resto non basta a pagare esercito, marina, impiegati, preti e pensionati, fra cui sventuratamente conto anch’io.
– Con cinque mila lire annue, non si muore di fame; e si potrebbe con tale riduzione delle grandi pensioni dare all’erario un cospicuo benefizio. Oppure
– Al vizioso sistema elettorale si deve il vedere in Parlamento, sempre una torma d’affaristi, per cui le sessioni parlamentari diventano una serie di discorsi per lo più inutili, anziché destinate a rimediare i mali del paese”.

No! Non è fantasia e neanche un sogno in cui si possa vedere Garibaldi rivoltare nella tomba per ciò che sta succedendo ancora adesso! La lettera è vera, e da allora non è cambiato nulla di nulla. I mali che affliggono il paese sono sempre quelli: l’atavica spaccatura fra il Nord e il Sud; il debito pubblico che limita qualsiasi sviluppo e impone l’etichetta al Bel Paese di seconda classe, rispetto alla Germania e Francia; un sistema elettorale che non si riesce ancora a cambiare per renderlo concretamente idoneo e far si che lo Stato possa essere governato bene nel quinquennio del Mandato; un’altra piaga ancora, molto estesa, rimane lo sperpero del denaro pubblico a iosa con le prebende d’oro per parlamentari, ex parlamentari, burocrati e cosi via, per arrivare ai costi della medesima politica e della burocrazia pubblica.

Ed in Sicilia? Qualcuno direbbe “Luvàmici manu! Ppì cottesia Nun’ni parramu propriu!!!”. No, qui, non andiamo contro corrente, gli scandali di peculato, truffa, gare truccate, tangenti, estorsioni, riempiono giornalmente le pagine dei Quotidiani; ultima, a Catania, la gestione dei rifiuti con arresti di imprenditori e funzionari e burocrati della P.A. che, a detta della Procura della Repubblica, pare si tratti di avere scoperchiato ancora solo la punta di un Iceberg.

Nel frangente, il Presidente Musumeci, da poco eletto, cerca di fare qualcosa in religioso silenzio, come a voler dimostrare che le chiacchiere non servono a niente ed è meglio operare con la sua Giunta in una forma di Ritiro forzato, lontano dai Palazzi e precisamente in un rifugio di alta montagna. Nello è anche molto preoccupato per la mancanza di sostegno di una valida maggioranza all’Ars e si sente costretto anche a porsi il “Trilemma”, Trilemma? si Trilemma, visto che i dubbi sono tre: “Rinunciare al Governo della Sicilia, o continuare stendendo il tappeto ad alcuni onorevoli regionali per farli accomodare nel recinto della maggioranza, o ancora chiedere l’appoggio direttamente ai 5 Stelle?”.

E proprio nel Palazzo di Sala d’Ercole, a distanza di pochi mesi dall’insediamento dei nuovi 70, la defaillance di una maggioranza di sostegno al Governo regionale si fa sentire, eccome!!!
A differenza di Musumeci, il suo dirimpettaio all’Ars, Gianfranco Miccichè, non pare affatto preoccupato della crisi di Sala d’Ercole: i lavori parlamentari non sono nemmeno iniziati, sembra di trovarci in pieno mese di agosto con sedute della durata di dieci minuti e con continui “Jocu focu” di minchiate come questa: “Se si dessero lauti stipendi a burocrati ed esperti, alla Marchionne, specie in Sanità, le Asp diventerebbero, concretamente, più efficienti.

Punti di vista o pura dabbenaggine, per non dire altro di offensivo? In Buona sostanza, da una dichiarazione del genere emerge che è venuta a crearsi una mastodontica confusione fra una gestione imprenditoriale privata e la gestione della Cosa Pubblica, sia tecnica, scientifica, culturale, che sanitaria. E proprio per i suddetti motivi in Sicilia e nel Sud in generale, in occasione delle ultime elezioni politiche, i 5 Stelle hanno fatto man bassa di adesioni, in pratica un elettore su due, il 5 marzo, è diventato grillino. Nelle valutazioni fatte dai Partiti di destra e manca regna sovrana l’ipocrisia: Al Sud e in Sicilia, la popolazione ha votato gli ex vaffa solo perché aspira al reddito di cittadinanza! Senza dubbio, in politica è meglio dire cazzate, ma sarebbe ancora meglio fare anche analisi del voto in modo serio e responsabile, e dire invece: Gli elettori per pura protesta hanno votato i 5 Stelle, perché non ne possono più dei ladri ed avvoltoi che stanno al Parlamento, nella Pubblica Amministrazione, nelle Partecipate, nella Munnizza, nel Cas e così via, specie con la drammatica disoccupazione, la fame e la miseria che attanagliano la regione intera!

I 5 Stelle, nel loro programma, prima della promessa della elargizione del Reddito di cittadinanza, hanno parlato del contenimento dello sperpero di denaro pubblico con l’abolizione di vitalizi e quant’altro. Di questo tipo di problematiche da risolvere, né il Centro destra e né la Sinistra ne hanno fatto menzione.