“Giornata della Memoria”: quando l’odio razziale si trasformò in sterminio

“Giornata della Memoria”: quando l’odio razziale si trasformò in sterminio

PALERMO – Da una settantina di anni, ormai, la giornata di oggi ha assunto un significato speciale. Un significato che ha mosso i primi passi da un senso comune di disprezzo per le atrocità passate che hanno contraddistinto tutta la seconda parte del XX secolo.

IL 27 gennaio, infatti, si celebra il “Giorno della Memoria“, una giornata in cui noi tutti ci dobbiamo fermare a riflettere su una delle più efferate azioni che l’uomo sia riuscito a mettere in atto durante uno dei periodi più bui degli ultimi secoli. Si tratta delle azioni che di certo hanno cambiato il modo di agire umano favorito da una contestuale indignazione pubblica.

Di cosa stiamo parlando di certo è noto a tutti: lo sterminio messo in atto dal regime nazista nei confronti di tutte le “razze” considerate “indesiderabili” che causò nel giro di pochi anni oltre 15 milioni di morti tra cui ben 6 milioni, di entrambi i sessi e di tutte le età, appartenenti alla fede ebraica.

Il termine “Olocausto” (dal greco “bruciato interamente”) e il termine “Shoah” (dalla lingua ebraica “hashoah” ovvero “catastrofe”) sono le denominazioni più famose e diffuse che hanno perfettamente descritto quanto di male sia stato fatto negli anni della Seconda Guerra Mondiale nei confronti di coloro che venivano ritenuti diversi (ebrei, omosessuali, inabili o semplicemente chi si opponesse al sanguinario regime nazista).

L’aver incentrato tutto l’odio nei confronti dei seguaci della fede ebraica non ha soltanto motivazioni prettamente religiose come spesso si è erroneamente convinti a credere. L’odio razziale scatenato nei loro confronti da parte del regime tedesco nazista, diretto e orchestrato da Adolf Hiter, parte da motivazioni economiche. Nei primi decenni del primo dopoguerra, infatti, le comunità ebraiche in Germania formavano la parte più facoltosa dell’intero paese iniziando a costituire una “minaccia” per chiunque volesse effettuare una scalata al potere negli anni di riassestamento dopo il fallimento tedesco della Prima Guerra Mondiale.

Proprio in quegli anni emerse la figura di Adolf Hitler che, con l’intento di guadagnarsi il consenso dell’opinione pubblica tedesca, individuò la comunità ebraica come capro espiatorio per cercare di uniformare il popolo tedesco sotto un’unica “razza pura” che dovesse senza dubbio emergere nei confronti delle altre razze ritenute, appunto, minacciose e indesiderate.

Il grande consenso popolare, ricevuto anche grazie a una manipolazione ben orchestrata nei confronti del settore giornalistico, ha fatto in modo che nel giro di pochi anni questo “odio razziale” si trasformasse in un vero e proprio sterminio che, partendo dalla Germania, coinvolse tanti altri Paesi europei, tra cui anche lo Stato italiano fermamente in mano al regime fascista con a capo Benito Mussolini.

Le atrocità messe in atto in quei vergognosi (per non aggiungere termini più pesanti) “campi di concentramento” sono stati già raccontati in tutti questi anni sia da chi miracolosamente riuscì a fuggire o a essere risparmiato, sia da coloro che hanno solo potuto raccontare la tristissima fine che il destino sanguinario aveva riservato per i propri parenti che si arresero a un male molto più forte di loro.

Ad ogni modo questa giornata ogni anno assume un valore sempre più grande. Assolve, inoltre, la funzione di ricordare a noi tutti cosa di male è riuscito a fare l’uomo nella storia e che da questi errori si deve ripartire per assicurare che certe “catastrofi” non si ripetano mai più. Perché come appare incisa in oltre trenta lingue su un monumento nel campo di concentramento di “Dachau“: “Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo”.