Obesità infantile: ruolo dei genitori

Obesità infantile: ruolo dei genitori

L’obesità (dal latino obesitas = “grasso, grosso, paffuto”) è una condizione medica determinata dall’accumulo di tessuto adiposo in quantità eccessiva rispetto alle necessità fisiologiche dell’organismo.
L’obesità infantile risulta essere oggi un problema di notevole rilevanza sociale ed è un fenomeno che in Italia colpisce 1 bambino su 4.
Tale fenomeno scaturisce da un bilancio energetico positivo protratto nel tempo che porta ad un eccesso di Kilocalorie introdotte rispetto al fabbisogno reale del bambino.

L’obesità è una patologia?
L’obesità ai giorni nostri è stata promossa da condizione medica a patologia, in quanto racchiude in sé una serie di disturbi psico-sociali e organici tra i quali fattori genetici, metabolici e fisiologici.

Tale patologia è destinata ad aggravarsi quando i genitori trascurano, non accettano o non si rendono conto dei problemi a cui i loro figli andranno incontro e ciò accade in quanto è ancora radicata la convinzione che il bambino “in carne” e paffuto sia più in salute del bambino esile; convinzione che è necessario sfatare!

Se da una parte è vero che un’ipoalimentazione può portare ad un deficit nutrizionale di macronutrienti (proteine, carboidrati e lipidi) e di micronutrienti (vitamine e sali minerali), dall’altra un introito calorico eccessivo determina dapprima una fase di sovrappeso per poi successivamente cadere nel vortice dell’obesità.

Una maggiore assunzione di cibo è sempre correlata ad una dieta ricca di nutrienti?
Oggi le patologie legate all’alimentazione non hanno quasi più origine infettiva, ma dipendono dalla grande quantità e scarsa qualità del cibo consumato ogni giorno.

L’attuale generazione, e in particolare i bambini, si nutre di alimenti industriali, nonché di cibi impoveriti. L’impoverimento dei cibi conduce alla perdita della maggior parte delle caratteristiche nutrizionali originarie. Tale strategia commerciale si effettua per rendere gli alimenti maggiormente conservabili, per modificare le caratteristiche legate al gusto, all’olfatto e per farli apparire più salutari e appetibili.

Questo cambiamento non ha però considerato che il processo di raffinazione porta sempre all’eliminazione di specifiche parti nutrienti. Il chicco di grano ad esempio contiene il germe che racchiude elementi nutritivi preziosi come oli insaturi, vitamine del gruppo B, minerali, amminoacidi e fibre, componenti che svolgono un ruolo importante agendo da barriera contro i microrganismi patogeni e le sostanze tossiche.

Inoltre l’assunzione di alimenti raffinati permette alla molecola del glucosio di entrare velocemente nel sangue, attivando in modo altrettanto veloce la liberazione di insulina, ormone che permette l’ingresso del glucosio nelle cellule, portando rapidamente al rinnovamento dello stato di fame.

Questo è uno dei motivi per cui i bambini tendono ad aver voglia, frequentemente, di merendine confezionate e bibite dolci con conseguente assuefazione dell’organismo.

Nasce il cosiddetto paradosso dei Paesi ricchi: aumentano i soggetti in sovrappeso e obesi, che presentano segni di malnutrizione, in quanto ingeriscono eccessive quantità di cibi raffinati e ipercalorici a scapito di una serie di nutrienti essenziali (es: vitamine) di cui questi alimenti sono carenti.

Dopo aver impoverito i cibi per decenni adesso le aziende alimentari cercano di “arricchirli” e “fortificarli” con vitamine e sali minerali cercando così di invogliare le famiglie ad acquistarli. Qual è il senso di tutto ciò?

Un surplus alimentare e l’assunzione di alimenti zuccherati permette un maggiore rendimento e apprendimento scolastico?
Alcuni ricercatori hanno suggerito che il quoziente di intelligenza può risultare compromesso nei bambini che consumano giornalmente molti dolciumi. Infatti quando ingeriamo alimenti ricchi di zucchero o farine raffinate (es: farina 00), il pancreas produce una quantità elevata di insulina che permette la diminuzione rapida della glicemia nel sangue, con il rischio di abbassarla troppo e facendo tornare la fame di zucchero a distanza di poco tempo.

Il risultato? Più zuccheri si mangiano, più si ha fame di zuccheri, più sono le calorie ingerite, più si ingrassa. Il motivo per cui i bambini a metà mattina a scuola risultano distratti e nervosi è dato spesso da una colazione ricca di zuccheri che li manda in ipoglicemia in tempi brevi, mentre il cervello per funzionare bene ha bisogno di un apporto costante di glucosio.

Naturalmente disturbi simili si riscontrano anche negli adulti quando si verifica una ipoglicemia che causa irritabilità, ansia, debolezza, tachicardia, sonnolenza, mancanza di concentrazione, scarsa memoria e desiderio di dolci o sostanze eccitanti. A lungo andare tutto questo porterà ad un sovraffaticamento del pancreas che predispone al diabete e ad un’ipofunzionalità delle ghiandole surrenali.

Inoltre i bambini e gli adolescenti sovrappeso hanno maggiori probabilità di sviluppare problemi cognitivi e comportamentali dovuti spesso al senso di insicurezza e al calo dell’autostima generati dall’aspetto fisico.

Le campagne per combattere l’obesità infantile sono sempre più frequenti, ma ciò non basta in quanto il fenomeno è spesso sottostimato. I genitori stessi, frequentemente, non sono coscienti dello stato di sovrappeso, considerando piuttosto che rientrino nel “range di normalità”.

Quali sono le cause?
L’obesità infantile ha una genesi multifattoriale.
Si tende a pensare che le cause dell’obesità infantile siano genetiche in quanto spesso il bambino obeso è figlio di genitori obesi, ma più frequentemente lo stato di sovrappeso familiare deriva da cattive abitudini dei genitori trasmesse direttamente e indirettamente ai figli.

In altri casi il bambino è figlio di una madre ansiosa che porta a far scatenare nel fanciullo un irrefrenabile bisogno di ingerire qualcosa ad ogni tensione che la madre trasmette. Se questo fenomeno si verifica è necessario che la madre ne prenda coscienza ed intraprenda un percorso psico-educativo sull’alimentazione.

Al problema può compartecipare l’iperalimentazione nei primi 3 anni di vita, in quanto viene a crearsi sia un’ipertrofia delle cellule adipose (aumento di volume) che un’iperplasia (aumento di numero), portando il bambino ad una maggiore predisposizione all’obesità anche da adulto.

Quali le conseguenze?
Le conseguenze per la salute sono molteplici e interconnesse tra loro.
disturbi respiratori e polmonari;
• complicanze di tipo ortopedico dovuto all’eccessivo carico meccanico che ossa e articolazioni sopportano, riducendo la mobilità;
• aumentata predisposizione a determinate patologie di natura cardiocircolatoria e conseguenze di tipo endocrino (ipertensione arteriosa, dislipidemie, diabete, steatosi epatica, policistosi ovarica), quadro clinico che spesso porta a sindrome metabolica;
• disturbi psicologici frequentemente destinati ad amplificarsi negli anni.

Come favorire il cambiamento dello stile alimentare nei bambini?
Aiutare il bambino a modificare le abitudini alimentari, abitudini a cui forse noi stessi lo abbiamo avviato può risultare complicato, ma non troppo se il cambiamento avviene gradualmente e con la piena collaborazione dei genitori.

A differenza di ciò che si pensa, i bambini hanno competenze alimentari innate e sono perfettamente in grado nei primi due anni di vita di capire e autogestire i propri bisogni. Ciò che mina queste competenze sono i modi in cui i genitori si accostano al cibo dei loro figli; possono infatti usarlo come mezzo di minaccia o premio, come modo per placare le loro ansie o sentirlo come un’incombenza da sbrigare velocemente per fare successivamente “cose ben più importanti”.

Alla base sono i genitori ad avere la responsabilità dell’alimentazione propria e dei figli, sono loro a decidere cosa acquistare e cosa proporre in tavola.
Per avviare i bambini ad un’alimentazione diversa dalla solita non basterà cercare di convincerli, ma il primo passo importante sarà invogliarli indirettamente proponendo loro piatti dall’aspetto coreografico, ricchi di forme e colori, poiché tenderanno ad imitare i genitori anche nei comportamenti alimentari. La curiosità innata li porterà a partecipare volentieri alle attività culinarie. Su questa base si avvieranno gradualmente al coinvolgimento totale, e saranno loro stessi a voler provare sapori nuovi.

Consigli alimentari:

  • limitare il consumo di alimenti ad alta densità calorica (merendine e dolciumi) e di bevande zuccherate, preferendo sempre frutta fresca, frullati e centrifugati preparati in casa;
  • incrementare il consumo di alimenti di provenienza vegetale, cereali integrali, legumi, verdura e ortaggi;
  • limitare il consumo di grassi saturi e idrogenati;
  • limitare il consumo di carni conservate (es: salumi);
  • ridurre le porzioni: i bambini hanno richieste nutrizionali minori rispetto agli adulti;

Altri consigli:

  • selezionare i prodotti da acquistare insieme ai bambini spiegando loro perché scegliamo certi prodotti piuttosto che altri;
  • renderli partecipi e coinvolgerli nelle attività di preparazione dei piatti;
  • coinvolgerli nella gestione della casa, ciò permetterà di sviluppare fiducia facilitando anche le relazioni in tavola;
  • durante la preparazione dei pasti raccontare loro la storia degli ingredienti utilizzati, la curiosità sarà la molla che li spingerà a coinvolgerli;
  • stimolare i bambini a praticare attività sportive promuovendo lo sviluppo delle capacità motorie, incrementando così anche le relazioni sociali.

Non è mai troppo tardi per cominciare a cambiare!
Cambiare qualcosa è meglio di niente e i benefici compaiono subito!
L’equilibrio ci insegna a vivere in armonia con se stessi, con il proprio corpo e con le proprie emozioni…
Il cambiamento deve essere intrapreso con allegria!