Scuola, il 2017 è l’anno dei cambiamenti: miglioriamo o peggioriamo?

Scuola, il 2017 è l’anno dei cambiamenti: miglioriamo o peggioriamo?

Alla fine anche questo 2017 è volato via. L’anno di Donald Trump presidente, dell’ascesa delle destre, l’anno delle banche, della Corea del Nord, dell’Italia fuori dal mondiale, ma anche un anno pieno di novità per le scuole.

Il ministro dell’Istruzione Valeria Fedeli è entrato in carica il 12 dicembre del 2016, e quindi, di fatto, è una novità di questo 2017 che si è appena concluso. La Fedeli, ricorderete, con sé portò tante polemiche: l’aver scritto nella propria biografia di essere laureata, cosa poi non vera, non piacque agli italiani. Successivamente fece scalpore la questione diploma: il ministro ha conseguito un diploma triennale per l’insegnamento alla materna.

Messe da parte le bufere, arriva il tempo di rimboccarsi le maniche e lavorare. Le novità sono tante: una delle prime fa subito discutere, la “legalizzazione” del telefono in classe.

Altra novità fondamentale, ma densa di polemiche, è quella dei vaccini obbligatori per scuola materna ed elementare, su cui il ministro ha usato il pugno di ferro: proroghe? No categorico.

Sulla questione mobilità docenti ci sono novità per il prossimo anno scolastico, cioè il 2018/19; si potranno indicare fino ad un massimo di 15 destinazioni, esprimere preferenze sintetiche fino a 5 scuole, e preferenze su ambito territoriale, non sarà, però, concessa la preferenza sintetica sui comuni.

Non ci dimentichiamo della questione studentesca. Quest’anno, anche sul territorio catanese,  non sono mancate manifestazioni di ogni genere: cortei, ma anche occupazioni e autogestioni in diverse scuole. I motivi? Sicuramente la stragrande maggioranza delle manifestazioni studentesche, specialmente al sud Italia, ha come argomento principe l’edilizia scolastica. Ormai, però, si parla sempre di più, anzi, si contesta sempre di più, l’alternanza scuola lavoro, che prende costantemente più peso all’interno della scuola italiana: sarà, infatti, oggetto della nuova terza prova (che partirà dall’anno scolastico 2018/19), e, per logica conseguenza, obbligatoria per accedere all’esame di maturità.

L’esame di maturità, eh già, la cara vecchia maturità è destinata a stravolgersi completamente, sempre a partire dal 2018/19, cioè per chi, per intenderci, ad oggi è al quarto anno di superiore. Attualmente c’è una prima prova di italiano (che l’anno scorso destò parecchia perplessità per l’autore selezionato) una seconda sulla materia su cui la scuola è “specializzata” (matematica/fisica scientifico, latino/greco classico e così via) e una terza che varia da istituto a istituto. Ognuna di queste prove vale 15 crediti, per un totale di 45, a cui si aggiungono 25 crediti accumulati nel corso degli anni e 30 di esame orale. Dal prossimo anno, invece, sarà abolita la terza prova, sostituita con una tesi su quanto fatto in alternanza, le prime due varranno 20 crediti ciascuno, 40 crediti si accumuleranno negli anni e 20 varrà il colloquio. Si aggiunga, anche, che sarà obbligatoria la prova INVALSI a 5° anno, si svolgerà, però, nel corso dell’anno e non farà media.

La novità principale, che potrebbe sconvolgere la scuola per come l’abbiamo sempre conosciuta, è quella del liceo breve: saranno 100 le scuole ad aderire in Italia, ma l’idea non piace, neanche a molti docenti, che si chiedono: “Se non riusciamo a terminare i programmi (che resteranno invariati, ndr.) in 5 anni, come dovremmo riuscirci in 4?“.

Vi lasciamo, dunque, con questa domanda, e con la prospettiva di tanti altri cambiamenti: quest’anno, stando ai sondaggi, l’Italia non sarà più a marchio PD. Cambiando il governo cambierà la scuola?