Settant’anni in Monastero: “A Sant’Agata ci vedete dietro le sbarre, ma non siamo sepolte vive”

Settant’anni in Monastero: “A Sant’Agata ci vedete dietro le sbarre, ma non siamo sepolte vive”

CATANIA – “Quando a Sant’Agata, la mattina del 6 febbraio, cantiamo per i fedeli, vediamo a nostra volta gli altri dietro le sbarre. Noi non siamo in prigione; ma soprattutto, i veri liberi chi sono?”.

È un pomeriggio di dicembre, le porte della Chiesa di San Francesco Borgia, in via Crociferi, sono aperte e le suore benedettine stanno cantando. Le loro voci, limpide e accoglienti, risuonano dentro al grande monastero in cui, ogni angolo, profuma di incenso. A parlare con noi per raccontarci la vita monastica, che da sempre suscita curiosità, è Suor Cecilia.

La nostra interlocutrice, da subito, scioglie una delle convinzioni preconcette più diffuse. Le suore benedettine vivono una forma di clausura meno restrittiva rispetto all’idea comune. Per intenderci, quindi, non sono “sepolte vive”. Spiegato ciò, per fare intendere come non si tratti di un fenomeno “antico”, va detto che ad oggi, solo nel catanese, esistono cinque gruppi di suore che sposano la vita monastica:

  • Le suore benedettine, clausura costituzionale, in via Crociferi a Catania;
  • Le suore clarisse, clausura papale, in via Piave a San Gregorio;
  • Le suore clarisse, clausura papale, in via San Placido a Biancavilla;
  • Le suore carmelitane, clausura papale, in via Giuseppe Motta a San Giovanni La Punta;
  • Le suore carmelitane dette “scalze”, clausura papale, in via Madonna di Fatima a Sant’Agata li Battiati.

La realtà delle benedettine che vivono proprio al centro della città etnea è quotidianamente a stretto contatto con la movida notturna: loro pregano mentre i giovani si danno alla “pazza gioia”. La chiesa si trova esattamente in un crocevia di pub e ristoranti molto frequentato dai catanesi e, quindi, assorbe e vive uno spaccato della società attuale, anche solo grazie alle eco delle voci che rimbombano nella struttura.

Spesso drogati, ubriachi, bussano alla porta delle suore.

“C’è stato anche chi ha scelto proprio la scalinata della nostra Chiesa dopo che “si era fatto” perché il nostro canto gli dava pace. Noi siamo a contatto con tutti e aperti a chiunque – ha spiegato suor Cecilia -. Moltissime persone vengono da noi, ogni giorno, alla ricerca di qualcuno che li ascolti: anche i carcerati ci scrivono, con alcuni di loro abbiamo un intenso scambio di lettere da moltissimi anni”.

Lì, in una delle più antiche stradine del centro storico, è nato un vero e proprio mondo parallelo che, come spiega suor Cecilia, non si distacca dal resto, anzi vuole donarsi ad esso:

“Qui dentro vivono 23 suore e due di loro, addirittura, sono entrate 70 anni fa. Loro sono la nostra forza e fonte di saggezza: rappresentano l’equilibrio e hanno un sacco di insegnamenti da darci. Noi teniamo alle nostre anziane e al loro giudizio, anche perché tutte le nostre vite trascorrono nella piena condivisione e ci raccontiamo tutto quello che ci accade“.

È sincera suor Cecilia non finge, ma racconta tutto quello che è stato il suo percorso anche con le difficoltà proprie di una che, anche avendo sposato la vita monastica da molto giovane, conserva con gelosa cura il suo essere un individuo, ma soprattutto una donna. Così ci racconta cosa le è “mancato”, le sue prime cotte e le sue ambizioni che sono presenti in lei anche dopo l’aver realizzato la vocazione:

 

Dentro al Monastero le giornate scorrono all’insegna del sorriso. Quotidianamente la tabella di marcia è questa:

 

Suor Cecilia ha una vita piena: del suo amore per Dio e dei suoi impegni che quotidianamente le danno un gran da fare. Quando stiamo per andare via, la nostra nuova amica ci raccomanda di tornare, lo fa con gli occhi più che con le parole. Lei che nella sua vita aveva anche sognato di fare la giornalista, lei che forse non avrà visto il mondo, ma che di certo ha capito che per cogliere un quadro nella sua intera bellezza serve allontanarsi un po’ in modo da goderne a pieno. Ha deciso di fare così col mondo e, ad oggi, è una persona felice.