Tra popoli e culture, Sicilia terra di conquista: le influenze sul dialetto

Tra popoli e culture, Sicilia terra di conquista: le influenze sul dialetto

PALERMO – “Tre volte, nel corso dei secoli, fu il più fulgido centro del mondo mediterraneo”, diceva Roger Peyrefitte, scrittore e attivista francese.

Pensare alla Sicilia da un punto di vista storico, non può non ricondurci alle vicende trascorse su questa terra e ai popoli che nel corso dei secoli l’hanno dominata: dici Sicilia, pensi terra di conquista. Un termine, quest’ultimo, da non intendere con il significato di “oppressione” o “sottomissione”, bensì di “evoluzione”.

I popoli che hanno abitato l’Isola hanno sempre lasciato una loro traccia importante, che tocca diversi aspetti del nostro vivere quotidiano. Uno di questi, e che forse è quello che maggiormente ci tocca da vicino, è proprio l’idioma tipico di questa Terra: il siciliano.

Ogni grande popolazione passata in Sicilia ha lasciato una buona fetta del proprio bagaglio culturale, puntualmente assimilato dalla cultura isolana. Diversi termini dialettali, utilizzati spesso nel nostro parlato quotidiano, hanno un’origine che va ricercata molto lontano, in epoche e culture completamente diverse da quelle attuali.

Uno dei termini che quotidianamente ognuno di noi spesso pronuncia è travagghiu. La sua origine va cercata non nell’italiano, ma nell’antico francese. Il termine da cui deriva è infatti travail, la cui traduzione italiana è “lavoro”. L’esempio di questa parola non è un caso: una buona parte delle parole del dialetto derivano proprio dalla lingua transalpina. Altri esempi, infatti, sono i termini cuttigghiarabuattaentrambi di origine francese. Il primo deriva dalla parola courtyard, la cui pronuncia all’epoca normanna era “curtighiar”: da qui il termine siciliano con il significato di “pettegola”. La seconda, invece, deriva da bouattela cui pronuncia era proprio “buat”.

Così come i normanni di cui abbiamo appena parlato, anche le popolazioni iberiche hanno giocato un ruolo importante da un punto di vista culturale sull’Isola. Termini come anciova (acciuga), affruntarisi (vergognarsi), priarisi (rallegrarsi) e arricugghirisi (ritirasi, rientrare): la loro origine è da ricondursi rispettivamente alle parole anxova, affruntar-se, prear-se, recollir-se.

Persino gli inglesi, da non considerare come conquistatori diretti dell’Isola, hanno inciso sul nostro bagaglio linguistico. Un termine che spesso utilizziamo è siccu (magro), la cui derivazione si rifà alla parola inglese sick, che letteralmente ha il significato di “malaticcio”.

Infine, l’ultima grande dominazione di cui parliamo è stata quella araba. Gli arabi ci hanno lasciato termini come maidda, un particolare recipiente in legno dove solitamente viene impastato il pane, che deriva da maidail cui significato letterale è “mensa”, e cassata, che si riferisce a un dolce tipico siciliano. Su quest’ultima parola esiste una storia, secondo la quale un contadino avrebbe visto preparare un dolce a un arabo, il quale non capì la domanda del contadino che gli chiese di cosa si trattasse. Da quel momento per il siciliano quel dolce venne battezzato con il nome di “cassata”, che deriva dall’arabo quas’at, il cui significato è “bacinella”.

Le influenze esterne sul dialetto, dunque, sono moltissime. Essendo ancora parlata da un buon numero di persone è destinata ancora a mutare, sia tramite cambiamenti interni che attraverso influenze esterne, così come capita a tutte le lingue del mondo.