“I nostri figli non sono stupidi”: uscita scuole medie, da caso comune a questione politica. Genitori e alunni non ci stanno più

“I nostri figli non sono stupidi”: uscita scuole medie, da caso comune a questione politica. Genitori e alunni non ci stanno più

CATANIA – “È possibile che i nostri figli debbano crescere senza iniziare ad avere delle responsabilità?”.

Questa è stata la risposta, breve ma sintetica, di molti genitori con figli che frequentano le scuole medie del territorio siciliano e nazionale, visto il decreto che non permette ai ragazzi di poter uscire autonomamente da scuola. 

La protesta si è divulgata in tutta Italia, con casi che vanno su e giù da Nord a Sud, con una soluzione che era stata presentata e che, probabilmente, verrà attuata. Scopriamo di cosa stiamo parlando.

Secondo la sentenza della Cassazione, se un bambino dagli undici ai quattordici anni (in questo caso) fosse coinvolto in un incidente stradale fuori dal perimetro scolastico, anche la scuola dovrebbe assumersi le proprie responsabilità. Com’è nato tutto questo? Un alunno frequentante la prima media, uscendo dall’istituto, è stato investito da un autobus di linea. Per questa ragione, entra in gioco il personale scolastico, che deve vigilare sugli studenti osservando da vicino il momento in cui salgono e scendono dalla vettura e, in caso di un ritardo da parte del bus, è necessario che essi restino sotto la vigilanza della scuola.

Ciò che si intende, è che un minore di 14 anni abbia sviluppato un senso di responsabilità tale da potergli permettere di uscire autonomamente dall’istituto senza mettersi in pericolo. La vigilanza all’interno della scuola, o comunque nel perimetro delineato, è data per scontata, tanto è vero che vale anche nel caso in cui i genitori firmino una liberatoria per lasciare il ragazzo, o la ragazza, senza sorveglianza. Un fatto istintivo che esente da qualsiasi tipo di legge.

Il caso ha fatto il “boom” (negativo) tra le scuole, visto che i genitori non sono assolutamente d’accordo con il decreto che li “costringe” a presentarsi a scuola (come di solito succede alle scuole elementari) e aspettare i propri figli al suono della campana.

Valeria Fedeli, ministro dell’Istruzione, ha poi assunto un comportamento “a due facce”: in un primo momento, infatti, sosteneva a pieno la legge. “I genitori lavorano? Che vadano i nonni a prenderli, è così piacevole prendere i propri nipoti…”: atto di arroganza? Forse. Tanto è vero che anche il segretario nazionale del Partito Democratico, l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, ha remato contro la “sua ministra” un paio di settimane fa, dicendo che è semplicemente assurdo che i genitori siano obbligati a riprendere i figli a scuola. Simona Malpezzi, responsabile del dipartimento Scuola del partito, ha stipulato un disegno di legge dove si chiede di firmare un’autorizzazione che esenta il personale scolastico da ogni responsabilità. Il ddl si è poi trasformato in una soluzione “bipartisan” (cioè sostenuta da partiti con ideologie diverse tra loro) proposta da Pd, appunto, e Mdp (Movimento Democratico e Progressista) e si spera che l’emendamento venga applicato verso la metà di dicembre. Anche la Fedeli si è mostrata favorevole, cambiando la propria versione: “Il Ministero ha spinto affinché si trovasse una soluzione”, risposta datata 31 ottobre.

Il tempo però passa e i genitori continuano ad aspettare il suono della campana per poter andar via con i propri figli, aspettandoli all’ingresso dell’istituto. “I nostri ragazzi sono incapaci secondo la legge? È possibile tutto questo? C’è davvero un’età per cui uno studente si ritiene maturo?” ci dice Maria, madre assolutamente contraria a questo decreto.

Abbiamo parlato anche con alcuni ragazzi di diversi istituti secondari di primo grado del territorio catanese, di cui non diremo i nomi per ragioni di privacy: “Non sono uno stupido, i miei genitori lavorano e non possono aspettarmi a scuola. So muovermi con i mezzi pubblici”. Ci ha sorpreso la maturità di una studentessa quattordicenne: “Cosa crede il ministro, che non sappiamo badare a noi stessi? I miei mi hanno educata nel giusto modo, so assumermi le mie responsabilità. Capite benissimo che ci sentiamo come delle marionette senza una testa, a volte ci sono ragazze come noi con la testa sulle spalle più di quelle che si trovano in giro. Non sono questi i veri problemi, perché gli incidenti possono accadere anche all’interno delle scuole a causa della carenza di strutture resistenti. E in quel caso i genitori non possono fare niente. Pensino alle cose più importanti”. 

La situazione, al momento, è in fase di stallo, ma presto potrebbero esserci novità a breve: nella speranza, per i genitori, che i pareri dei ministri non cambino di nuovo…