La piaga del caporalato a quasi un anno dall’approvazione della legge

La piaga del caporalato a quasi un anno dall’approvazione della legge

CATANIA – Caporalato, una piaga tra le più problematiche della nostra isola, e in genere del sud Italia, e che da poco meno di un anno sembra aver trovato una svolta, l’approvazione della legge. Quest’ultimo sviluppo ha trovato una grande approvazione da parte degli addetti ai lavori, ma a distanza di quasi un anno dall’entrata in vigore continuano a persistere i casi, specialmente nell’ultimo mese, di lavoratori, in maggioranza extracomunitari, che vengono sfruttati. A ciò si aggiunge l’aggravante delle alte temperature, che peggiorano le condizioni di salute delle vittime, uomini arrivati qui con la speranza di un tenore di vita migliore e costretti invece a subire lo sfruttamento da parte dei loro superiori.

I dati del quinto rapporto Agromafie parlano di un milione di aziende che operano nel pieno rispetto delle regole e dei lavoratori, ma la retribuzione che viene offerta nei confronti dei dipendenti è pari a 15 euro al giorno. Una cifra impressionante se si considerano le 10 ore di lavoro alle quali gli schiavi vittime di questa “nuova tratta” vengono sottoposti. Oltre a ciò, vi è anche lo svolgimento della funzione di intermediario da parte delle organizzazioni criminali, come accaduto di recente in diverse zone della Sicilia orientale, che dettano le regole da seguire ai titolari delle aziende agricole, e il mancato rispetto da parte di alcune aziende delle norme igieniche e abitative che non danno ai dipendenti le giuste garanzie nelle ore diverse da quelle lavorative.

A questo proposito abbiamo sentito il vicepresidente della Cia, Confederazione Italiana Agricoltori Sicilia Orientale, Giosuè Catania che si ha mostrato come da quando è stata applicata la legge sono stati fatti diversi passi avanti, ma c’è ancora molta strada da fare. “Abbiamo avuto di recente un tavolo di confronto a livello provinciale convocato dal prefetto – commenta Catania – al termine del quale siamo giunti alla firma di un protocollo d’intesa per il rispetto della legge, attraverso quello delle normative, l’affermazione della dignità del lavoro umano e perseguendo i casi in cui non viene rispettata, compresi quelli di aziende con lavoratori in nero. Tutto questo in ogni aspetto, dai corretti pagamenti al rispetto delle condizioni abitative. Gli ispettori del lavoro stanno eseguendo i controlli amministrativi in tutte le aziende e ancora c’è molta strada da fare perché la legge è ancora nuova e in fase di rodaggio. Ricordo anche però che non dobbiamo vivere questa lotta come una caccia alle streghe nei confronti di qualsiasi imprenditore nell’applicazione della legge si devono distinguere sempre i reati penali da quelli amministrativi”.

La distribuzione geografica del fenomeno è molto varia in quanto “questa tratta di extracomunitari – continua Catania – è presente in numero maggiore nelle zone in cui l’agricoltura è specializzata e c’è più bisogno di manodopera, ovvero la parte orientale dell’isola, ma i casi più eclatanti li abbiamo avuti in Puglia e in Calabria. Aggiungo anche che dovrebbero essere intensificati i controlli alle frontiere per fermare la cosiddetta concorrenza sleale, che è un grande ostacolo verso lo sviluppo economico dell’isola e mette spesso in difficoltà le aziende in regola, causando dei costi aggiuntivi. Per non parlare del malaffare e degli intermediari che impongono le tariffe per i lavoratori stessi. Queste condizioni di sfruttamento rappresentano una sparuta presenza nel territorio siciliano che invece si afferma nel panorama nazionale come una realtà sana e fortemente produttiva”.

Infine le condizioni climatiche del periodo favoriscono il dilagare del fenomeno e la manodopera, composta in prevalenza da extracomunitari, andrebbe equilibrata, ma anche a livello nazionale si sta continuando a lottare per porre rimedio. “Le condizioni climatiche attuali – conclude Catania – con le grandi campagne di raccolta non fanno altro che peggiorare la situazione e mettono a nudo le condizioni abitative al di sotto del minimo livello di civiltà. Ci troviamo in una polveriera e gli extracomunitari, che arrivano qui e si adattano, sono l’anello più debole. Andrebbe regolarizzata la manodopera per non entrare in conflitto con la realtà territoriale. Ma la nostra lotta per il corretto rispetto della legge non finisce e abbiamo avuto di recente incontri con i tre ministri del Lavoro, delle Politiche Agricole e della Giustizia, Poletti, Martina e Orlando, in cui noi come Cia abbiamo discusso il completo rispetto della legge a quasi un anno dalla sua approvazione”.