L’ipertensione arteriosa “secondaria”

L’ipertensione arteriosa “secondaria”

L’ipertensione arteriosa rappresenta una patologia molto frequente nella popolazione ed è uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari, in grado di danneggiare vari organi (ad esempio retinopatia ipertensiva, encefalopatia ipertensiva). Per ridurre la mortalità e la morbilità in questi pazienti è necessario trattare l’ipertensione e raggiungere un buon controllo dei valori pressori. Per far questo bisogna innanzitutto distinguere l’ ipertensione “essenziale” che rappresenta la maggioranza dei casi e le ipertensioni “secondarie”; in circa il 15% dei pazienti ipertesi l’elevazione dei valori pressori è dovuto alla presenza di un’altra patologia.

L’ipertensione può essere secondaria a malattie renali, endocrine o ancora ad assunzione di sostanze esogene (anticoncezionali, FANS, anfetamine, eccesso di liquerizia). Esistono poi numerose condizioni, ad esempio la sindrome delle apnee ostruttive del sonno, l’eclampsia, la policitemia, la coartazione aortica che possono determinare un’ipertensione secondaria.

Le forme causate da malattie renali possono essere dovute a lesioni aterosclerotiche (le placche) dell’arteria renale in grado di determinare una riduzione del flusso sanguigno ed un conseguente aumento di renina. Questo ormone fa parte di quello che viene chiamato “sistema renina-angiotensina-aldosterone” che regola attraverso vari meccanismi il bilancio del sodio e del potassio ed il volume plasmatico circolante. L’iperattivazione di questo sistema in modo inappropriato causa ipertensione arteriosa.

Anche le malattie che colpiscono il parenchima renale (tra cui il diabete mellito) possono causare ipertensione arteriosa. Numerose malattie endocrine possono essere responsabili di forme secondarie di ipertensione.. Tra queste la più frequente è l’iperaldosteronismo primitivo che nei pazienti affetti da ipertensione severa o resistente arriva ad interessare il 15-20% dei casi. L’aldosterone, che fa anch’esso parte del sistema renina-angiotensiona-aldosterone, è prodotto dalla corteccia delle ghiandole surrenaliche. L’eccessiva produzione può presentarsi in casi isolati o in forme familiari, essere dovuta alla presenza di un’adenoma (un nodulo) surrenalico o secondario a delle alterazioni che coinvolgono in modo diffuso la corteccia surrenalica come avviene nell’iperplasia mono o bilaterale. Più raramente l’iperaldosteronismo può essere dovuto al carcinoma surrenalico.

Altri ormoni prodotti dalla ghiandola surrenalica se aumentati nel corso di malattie endocrine possono essere responsabili di ipertensione secondaria basti pensare all’ipercortisolismo o all’aumento delle catecolamine nel feocromocitoma. Le patologie tiroidee come ipotiroidismo e l’ipertiroidismo o delle paratiroidi come l’iperparatiroidismo possono causare ipertensione arteriosa. Anche un eccesso di ormone della crescita come si verifica nell’acromegalia può causare ipertensione arteriosa.

Ad oggi non è consigliato uno screening per le ipertensioni secondarie in tutti i pazienti ipertesi; viceversa è importante eseguire l’approfondimento diagnostico di fronte al sospetto clinico. Bisogna eseguire un’anamnesi accurata, l’esame obiettivo e gli esami ematochimici di routine, se presente il sospetto clinico vanno avviati gli screening per le forme secondarie. I caratteri di sospetto sono la presenza di un’ipertensione severa o resistente, cioè non ben controllata con almeno 3 farmaci antipertensivi di cui uno sia diuretico; improvviso innalzamento dei valori pressori in un paziente fino ad allora ben controllato o ipertensione comparsa prima dei 30 anni soprattutto in pazienti non obesi e senza familiarità. Anche altre alterazioni, ad esempio l’ipopotassiemia associata ad ipertensione, può farci sospettare delle forme secondarie. Bisogna quindi valutare i pazienti sempre in modo completo e nei casi sospetti ricercare la malattia che ha causato dell’ipertensione.

Massimo Buscema