“Introdurre 12 chiusure festive e obbligatorie durante l’anno”

“Introdurre 12 chiusure festive e obbligatorie durante l’anno”

CATANIA – “Non è vero che gli italiani vogliono lo shopping 24 ore su 24, sette giorni su sette: il 62% si dice infatti favorevole a introdurre una limitazione delle aperture festive delle attività commerciali”.

È quanto emerge da un’indagine condotta da Confesercenti con Swg su un campione di 1.300 consumatori e 600 imprenditori della distribuzione: “Ad incidere sul giudizio degli italiani — spiega la nota — è proprio la consapevolezza che la deregulation sta schiacciando i negozi: il 71% degli intervistati, infatti, segnala che negli ultimi due anni, nel proprio quartiere o città, hanno chiuso negozi di cui erano clienti abituali, mentre il 66% ha visto crescere il numero di locali sfitti o che hanno cambiato tipologia di attività”.

Per questo, Confesercenti ha proposto di introdurre 12 chiusure festive e domenicali obbligatorie durante l’anno, con la possibilità da parte dei sindaci di raddoppiarle o annullarle a seconda delle esigenze del territorio.

“La proposta – sostiene il presidente di Confesercenti Catania, Bernardo Catalanoaffronta il tema della deregulation del commercio, introdotta dal Governo Monti nel 2012, che prevede la possibilità di rimanere aperti sempre, anche a Pasqua e Natale. La proposta di introdurre 12 chiusure festive e domenicali obbligatorie durante l’anno riscuote il favore quasi unanime dei commercianti: tra gli intervistati si è detto favorevole l’87%, contro un 4% di contrari e un 9% di incerti. Quando interrogati sul futuro della propria attività, la maggioranza degli imprenditori, il 52%, vede il maggior fattore di rischio nella situazione economica del Paese, mentre grande distribuzione e centri commerciali sono indicati da un terzo degli intervistati e la concorrenza dell’online solo dal 15%”.

“La nostra proposta – spiega il direttore di Confesercenti Catania, Salvo Politino prevede di passare dalla deregulation totale ad un minimo di regolamentazione, ragionevole e assolutamente compatibile con i principi e le prassi prevalenti in Europa in materia di libertà di concorrenza. Monti aveva promesso che con questa liberalizzazione sarebbe aumentato il Pil, sarebbe aumentata l’occupazione, si sarebbe stimolata una maggior concorrenza. Tutte e tre queste cose sono risultate non vere”.

“Gli unici effetti rilevati con certezza sono stati la compressione dei diritti dei piccoli imprenditori e lo spostamento di quote di mercato, il 3%, pari a 7 miliardi di fatturato, dai negozi tradizionali alla grande distribuzione. Le piccole e medie imprese – conclude il presidente Catalanohanno anche il diritto di dedicarsi ai propri affetti, ai propri hobby e al proprio riposo”.