Il vigile che misura i decibel con l’orecchio e le vessazioni. Chiude il Waxy, simbolo della movida di Catania. “Qui non si può lavorare”

Il vigile che misura i decibel con l’orecchio e le vessazioni. Chiude il Waxy, simbolo della movida di Catania. “Qui non si può lavorare”

CATANIA – “Sapete cosa si potrebbe fare? Un dormitorio. Un bel dormitorio. Oppure un cimitero. Anzi, no. Meglio il dormitorio, perché così continuano a garantirsi quei voti che permettono loro di arraffarsi le poltrone…”. 

Aldo Tudisco non le manda a dire. Abbassa le saracinesche del Waxy O’ Connor’s e alza la voce contro quel Comune che “Vede gli imprenditori non come una risorsa, ma un disturbo. E allora io tolgo il disturbo”.

Sì, perché il Waxy, il suo Waxy, ha chiuso. Le luci si sono spente, le insegne nel tipico stile del pub nato in Irlanda non ci sono più, al loro posto (così come potete vedere nella foto di copertina) un manifesto che sa di necrologio funebre pop “Affittasi o Vendesi Gestione Waxy O’ Connor’s” corredato dai numeri di telefono ai quali rivolgersi. C’è una nota triste, adesso, nel Centro Storico di Catania, alle spalle di piazza Stesicoro, ad un soffio dalla via Etnea, là dove ora fioriscono kebaberie, negozi gestiti da senegalesi, perfino un market di prodotti tipici della Romania; là dove chi approda sembra risorgere e chi vi è nato sembra svanire. È la foto di quel che accade, nuda e cruda, senza retropensieri, tantomeno pregiudizi. Sta accadendo. È un processo avviato da tempo e costante.

La pagina ufficiale su Facebook del locale di proprietà di Tudisco sembra listata a lutto con quella copertina senza immagine, una finestra nera che risucchia anni di serate spensierate, di boccali di birra nera bevuti ascoltando la musica rigorosamente dal vivo, quel “Chiuso” che spicca nella foto profilo sentenziando l’ennesima scomparsa di un simbolo della Catania che fu, di quella della movida che movida era davvero, tanto da attrarre clientela anche da tutta la Sicilia nei fine settimana. 

FB Waxy

“Non si può lavorare a Catania – spiega amaro Tudisco – sono stato costretto a  chiudere. Ho stretto i denti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è l’arretrato dell’affitto, 9 mesi di affitto ancora non pagati dalla persona che ha avuto in gestione nell’ultima fase il locale. Ma il vero problema è l’Amministrazione comunale”.

Tudisco dettaglia, rivelando retroscena grotteschi: “Il nostro era l’unico locale che ancora offriva musica dal vivo, uno dei nostri marchi di fabbrica, una delle caratterische che ci ha reso il pub più conosciuto di Catania anche al di fuori della provincia e che ha dato la possibilità di un palco, di un pubblico a chi fa della musica la sua passione. Abbiamo sempre rispettato tutte le norme sul volume per non suscitare le ire di chi abita in zona, ma siamo stati vessati lo stesso. Non potete immaginare quante volte ci siamo ritrovati rappresentanti delle Forze dell’Ordine durante il venerdì e il sabato per fare controlli. Dalle 20 alle 4 del mattino durante il weekend, il periodo della settimana di maggiore afflusso. E tutto perché? Perché magari qualche residente telefonava ai carabinieri e loro solerti piombavano come se nel nostro locale fosse in atto chissà che. Oppure perché l’Amministrazione, chissà perché, riteneva che il nostro locale meritasse costanti, accurati controlli… Vi racconto un episodio che la dice tutta. Certi di avere cablato il pub alla perfezione (il limite del volume che si può avvertire al di fuori del locale è di 55 decibel), durante l’ennesimo controllo un vigile urbano ci contesta di non avere rispettato la norma. Noi facciamo presente di avere il fonometro e che le cose non stanno come dice lui, basta fare un semplice test. Sapete cosa ci ha risposto? “Ma sono uscito fuori, ho poggiato l’orecchio alla porta e la musica di sentiva”. Giuro che è successo davvero. Il vigile urbano manco sapeva dell’esistenza del fonometro. E ci ha fatto pure vedere. Ha poggiato di nuovo l’orecchio davanti a noi… Devo aggiungere altro? Secondo voi si può lavorare in una città gestita così?”.

 Così Tudisco medita l’ ”esilio” a Nicolosi “Perché a Nicolosi la gente ama il divertimento, c’è un’altra mentalità, hanno piacere ad ascoltare la musica dal vivo, non fanno storie assurde, anzi, desiderano sempre di più e meglio. Fanno parte della provincia di Catania, si trovano a due passi da Catania, ma sembra di stare in un’altra nazione, dove si comprende il valore del turismo”.

Sui social sono numerosissimi i commenti di stupore, amarezza e anche rabbia per la chiusura del Waxy O’ Connor’s, che con la sua vicenda fa affiorare il malessere di chi non sopporta vedere Catania condannata ad un continuo, faticoso arrancare.

“Mi auguro di potere fare rinascere il Waxy – accende una fiammella di speranza Tudisco – perché sono io il primo ad essere dispiaciuto. Ma deve cambiare la mentalità della politica, di chi gestisce la città. Gli imprenditori vanno incoraggiati, non vessati. Vedremo cosa accadrà. Speriamo che non mi abbiano fatto passare l’ultima voglia”.

Alessandro Sofia