Corsi e ricorsi storici (Seconda puntata)

Corsi e ricorsi storici (Seconda puntata)

Nella seconda puntata dei “Corsi e Ricorsi storici” affrontiamo la contrapposizione tra l’Italia e l’Europa del 1919, e quella che è venuta ad irrobustirsi oggi.

Dopo la prima guerra mondiale, la situazione economica era gravissima per aver sostenuto lo sforzo bellico italiano, tanto che il debito pubblico aumentò di quattro volte fra il 1914 e 1919, e la emissione di nuova moneta provocò una svalutazione della lira fino al 40%. L’inflazione aumentò il costo della vita di tre volte nello stesso periodo. Il trattato di Versailles, nel 1919, venne inteso come un patto fra gli Stati europei.

La delegazione italiana, capeggiata da Vittorio Emanuele Orlando, si presentò con grandi speranze, dettate dal decisivo ruolo che l’Italia aveva avuto nella sconfitta dell’impero austriaco, ma ben presto ci si rese conto che il clima della conferenza di pace non era tra i più favorevoli: i nostri delegati, che si aspettavano, legittimamente, l’applicazione del trattato di Londra del 1915, si scontrarono con l’ostruzionismo del presidente americano Wilson, poco propenso a riconoscere quanto era stato promesso al nostro paese ed, in particolare, l’annessione della Dalmazia e della città di Fiume, che, nel 1918, si era proclamata italiana. Di fronte alla fermezza di Wilson, i nostri delegati Orlando e Sonnino, sdegnati ed irritati, abbandonarono i lavori, un gesto che ebbe conseguenze disastrose poiché, quando si trattò di decidere le sorti delle colonie tedesche, queste furono spartite tra le altre potenze, mentre l’Italia venne ignorata.

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Dal trattato poco felice per l’Italia, seguì una situazione di grande instabilità politica, caratterizzata da scioperi e proteste, in cui trovò terreno fertile il partito fascista di Benito Mussolini, ma di questo parleremo nella prossima puntata.

Adesso e stando al pensiero di Giambattista Vico, a distanza di 99 anni, non ci fermiamo a leccarci le ferite per le batoste europee che abbiamo subito con la costituzione dell’UE, con la introduzione dell’euro, e, alla proverbiale incapacità di Romano Prodi, che acconsentì ad un cambio di valore inaudito rispetto alla vecchia divisa italiana, la lira; alla conseguente e colossale elevazione del debito pubblico pari a più di duemila e duecento miliardi di euro, destinati sempre più a crescere; ad una disoccupazione giovanile impressionante e pari al 40 per cento in Italia e in Sicilia ancora di più, alla fuga di giovani e meno giovani verso altre terre. Di contro ospitiamo migranti che ci costano miliardi di euro e non sappiamo più dove metterli, anche nelle nostre patrie galere garantiamo vitto e alloggio al 20 per cento di stranieri fra i 68 mila reclusi.

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La storia purtroppo si ripete ancora, non siamo reduci da una guerra fatta a colpi di cannone, ma di natura economica, fatta dalle potenti banche internazionali e nazionali che hanno messo sottosopra l’economia italiana e, di conseguenza, la società civile italiana che, ora come allora, vive nella disperazione e col patema d’animo di non poter assicurare alcun futuro alle nuove generazioni anche per una politica distratta dalla corsa al potere, dedita al trasformismo e interessata soltanto a non perdere potere e consistenza, in buona sostanza a continuare a rimanere lontana dalla gente. Fine della seconda puntata.

Giuseppe Firrincieli