Difesa della lingua italiana, Crusca contro il Senato

Difesa della lingua italiana, Crusca contro il Senato

CATANIA – Ancora una volta l’Accademia della Crusca si ribella contro l’uso sconsiderato di anglicismo introdotto abusivamente nella lingua italiana, a ritmo vertiginoso. E questa volta, viene presa di mira l’Aula del Senato che non si preoccupa minimamente di intitolare una legge italiana: “Home restaurant.

Il massimo organo di controllo della lingua madre si scaglia contro una delle due Camere legislative e la invita a correggere il provvedimento di legge in questione dando il nome. “Ristorante domestico”.

La lingua anglosassone in Italia sta prendendo in maniera vertiginosa il sopravvento; dapprima introdotta nel settore della comunicazione del libero mercato, poi nelle tecniche di comunicazione commerciale, sia operativa che strategica, pubblicitaria, sportiva, ed oggi a pieno ritmo in quella politica, nonché in quella istituzionale e pubblica. Più in basso di così non si poteva cadere, specie in un momento in cui la Gran Bretagna, con un proprio referendum, ha scelto di lasciare la Unione Europea, con la famosa Brexit e adesso rincara la dose con la volontà di chiudersi a riccio. Ma andiamo con ordine.

La lingua Italiana è la lingua madre dello Stivale e sebbene mostri delle proprie lacune sugli aspetti d’intesa nei rapporti sia relazionali che verbali non è una lingua morta, ma viene regolarmente studiata sin dalle elementari. la lingua italiana, purtroppo, è vittima del doppio senso di moltissime parole, metodi comunicativi che determinano equivoci, offese, tafferugli, litigi, interpretazioni di stampa su articoli, sia su carta stampata che in televisione, dubbi, per non parlare di leggi interpretate male, un giudice dice una cosa e poi si arriva alla Corte di Appello e al giudice di Cassazione per rovesciare a vicenda sentenze o per sentirci dire: interpretazione autentica della legge, di una disposizione, di una circolare, di un decreto e così via. Per tale motivo, la lingua italiana è come la Giustizia italiana; ha tre gradi di giudizio: la facoltà di lettere, paragonata alla sentenza di primo grado; la facoltà di italianistica, alla corte di appello, e poi all’apice, quindi, al posto della Corte di Cassazione, subentra l’Accademia della Crusca.

L’Accademia della Crusca, già da qualche anno, ha preso le distanze sullo sconsiderato uso di anglicismi e forestierismi, ponendo uno stop alle terminologie straniere e difendendo la lingua italiana con il ritorno all’uso delle parole del Bel Paese. Il prof. Claudio Marazzini, presidente del prestigioso ateneo della Crusca, aveva già espresso la volontà che si ritornasse all’uso delle parole in lingua italiana come al posto di dire “una bella location”, preferire “un bel posto”.

Ciò premesso e, riguardo a noi siciliani che dobbiamo tutelare la nostra madre lingua, è giusto conoscere e parlare la lingua italiana in modo chiaro e non approssimativo e dobbiamo essere in grado di adottarla come nostra, considerato che la nostra Isola, forzatamente e come ci insegna la vera storia, fa parte della Nazione italiana, sempre tenendo conto che la lingua siciliana debba rimanere al primo posto, come madrelingua e pensare che è un tesoro da non disperdere, (oltretutto “Patrimonio dell’Unesco”) perché rappresenta il cuore della nostra identità. Scindere le due lingue e miscelarle al bisogno è, senza ombra i dubbio, un metodo positivo, in termini di comunicazione.

E qui è d’obbligo richiamare il pensiero del noto giornalista e opinionista Ottavio Cappellani, il quale non disdegna e anzi sottolinea l’uso della lingua siciliana quale propellente nella comunicazione interattiva fra siciliani. Il siciliano deve inteso come linguaggio, come lingua, e giammai come dialetto. L’Italiano è una lingua inventata di recente, e male, con la fretta dell’unificazione nazionale. È nei dialetti che sta l’essenza, l’anima, di un popolo. Quando ci innamoriamo, quando ci arrabbiamo, quando ci divertiamo, la nostra anima non parla l’italiano, ma il siciliano!

Giuseppe Firrincieli