Sebastiano Sardo tra Catania e Messina: 17 arresti anche nel Peloritano

Sebastiano Sardo tra Catania e Messina: 17 arresti anche nel Peloritano

MESSINA – Nella mattinata odierna i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale carabinieri di Messina, nel territorio di questa provincia e in quello di Catania, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice per le Indagini preliminari presso il tribunale di Messina su richiesta della competente direzione distrettuale antimafia e antiterrorismo, nei confronti di 19 soggetti (13 dei quali ristretti in carcere, 4 sottoposti agli arresti domiciliari e 2 all’obbligo di presentazione alla p.g.), ritenuti responsabili di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione illegale di armi da fuoco e altro. Si tratta di:

1. Antonio Barbuscia, 29 anni nato a Messina;

2. Maurizio Calabrò, 38 anni nato a Messina

3. Santino Calabrò, 45 anni nato a Messina;

4. Francesco Crupi, 25 anni nato a Messina;

5. Marco D’Angelo, 29 anni nato a Messina;

6. Salvatore Di Mento, 38 anni nato a Messina, già detenuto per altra causa;

7. Filippo Iannello, 34anni nato a Messina;

8. Rocco Lanfranchi, 28 anni nato a Messina;

9. Gianluca Miceli, 23 anni nato a Messina;

10. Domenico Giovanni Neroni, 29 anni nato a Messina;

11. Salvatore Micali, 23 anni nato a Messina;

12. Antonino Pandolfino, 24 anni nato a Messina;

13. Paolo Pantò, 34 anni nato a Messina già detenuto per altra causa;

14. Massimo Raffa Laddea, 24 anni nato a Messina;

15. Sebastiano Sardo, 31 anni nato a Catania;

16. Rocco Valente, 53 anni nato a Messina, già detenuto per altra causa;

17. Giuseppe Valenti, 51 anni nato a Messina.

Al momento i due irreperibili sono attivamente ricercati dai carabinieri. Il provvedimento restrittivo scaturisce da una complessa attività d’indagine sviluppata sin dal marzo del 2013 dal nucleo investigativo del comando provinciale di Messina, i cui esiti hanno permesso di comprovare l’operatività di due gruppi criminali attivi nel territorio del capoluogo peloritano e riconducibili a Marco D’Angelo ed a Maurizio Calabrò, quest’ultimo in grado di impartire anche dal carcere le disposizioni per la gestione delle attività di narcotraffico, facilitate dai suoi stretti collegamenti con esponenti di vertice di alcuni sodalizi mafiosi catanesi.

In particolare, l’attività investigativa ha consentito di delineare gli assetti interni delle consorterie indagate e le responsabilità dei singoli associati in ordine all’approvvigionamento e alla commercializzazione di ingenti “partite” di cocaina e marijuana, destinate alle principali “piazze di spaccio” del messinese.

Le indagini hanno preso l’avvio dall’arresto di uno spacciatore messinese l’8 marzo 2013, quando i carabinieri del nucleo radiomobile lo hanno trovato in possesso di 1,2 kg di marijuana suddivisa in 12 involucri.

La quantità della sostanza rinvenuta era tale (come accertato dalle successive analisi del r.i.s. che evidenziarono come dalla sostanza si sarebbero potute ricavare oltre 5500 dosi) da rendere evidente come intorno ad essa ruotasse un circuito di spaccio e non certo un singolo individuo.

È stata così individuata un’organizzazione criminale che si muoveva intorno alla figura di Maurizio Calabrò, ritenuto l’organizzatore del gruppo, e di Giuseppe Valenti, divenuto elemento apicale dopo l’arresto di Calabrò. Il gruppo ha operato prevalentemente nello smercio di marijuana e cocaina provenienti dalle province di Reggio Calabria e Catania, ma è anche accusato di reati di consumazione di reati contro il patrimonio e in materia di armi.

Il capo originario era certamente Maurizio Calabrò (inteso “Militto”, soprannome ereditato dal padre Carmelo, nel periodo in cui questi militava tra le file della criminalità messinese tra gli anni 70 e 90) : era lui a dare ordini, a indicare ruoli e attività, nonché a curare il reperimento dello stupefacente attraverso contatti personali con elementi calabresi rimasti ignoti e il catanese Sebastiano Sardo. Il messinese era legato da uno strettissimo rapporto di amicizia con Sardo, tanto da essersi tatuato su un braccio il nome di battesimo di Sardo, divenuto in seguito un componente essenziale del gruppo con Giuseppe Cucinotta, Antonino Pandolfino, Letterio Russo e Samuele Zocco.

Calabrò è stato poi arrestato il 6 luglio 2013, perché trovato in possesso di 4, 8 Kg di marijuana. Con il suo arresto la direzione della congrega è stata assunta da Valenti che come Calabrò si è occupato di organizzare il trasporto della droga dai luoghi di acquisto (soprattutto Gioia Tauro e Catania) alla piazza messinese.

Sul finire dell’estate 2013 si è cominciata a delineare una nuova struttura delinquenziale capeggiata da Marco D’Angelo, desideroso di recidere la collaborazione con Valenti e di assumere un ruolo da protagonista sul mercato messinese dello spaccio anche alla luce del fatto che all’epoca D’Angelo era il futuro genero di Giuseppe Trischitta, uno degli storici reggenti del clan di Mangialupi, con la cui figlia era fidanzato.

Rispetto alla prima associazione, quella di D’Angelo ha mutato il metodo di spaccio, affidandosi per la commercializzazione dello stupefacente ad un ristretto numero di complici, ai quali è affidato il compito di vendere la droga e rimettere a lui le somme illecite ricavate. Tra i più stretti collaboratori emergono Salvatore Di Mento e Gianluca Miceli. D’Angelo si è sempre attenuto a precise regole nella gestione dei suoi affari: il luogo degli incontri con i pusher era sempre la sua abitazione, in orario notturno, adottando e facendo adottare ogni cautela per eludere i possibili controlli delle forze dell’ordine; il venerdì era il giorno scelto per la riscossione degli introiti dell’attività di spaccio. Inoltre, provvedeva ad annotare in un registro le somme che i singoli associati gli dovevano per le partite di droga di volta in volta consegnate loro. Dal “libro mastro”, sequestrato dagli investigatori, sono emerse transazioni di importi rilevantissimi, come quando ha ceduto stupefacente a due acquirenti per 23.800 euro. Anche le comunicazioni avvenivano utilizzando parole di comodo per indicare lo stupefacente, menzionato come “rose rosse” o “prezzemolo”

Che ci si trovasse innanzi a soggetti estremamente spregiudicati, ha trovato conferma il 23 agosto 2013, quando il Letterio Russo non ha esitato ad incendiare l’auto della fidanzata, di cui aveva scoperto la relazione parallela con il socio Samuele Zocco.

Diversi poi i furti consumati da alcuni del sodali tra ottobre e novembre 2013, in danno di Smart e di cittadini. L’organizzazione aveva inoltre la disponibilità di armi. Durante le indagini, il 26 novembre 2013, i carabinieri hanno sequestrato un fucile cal. 12, occultato in un bar di Via La Farina, con il quale alcuni degli indagati avevano intenzione di commettere reati contro il patrimonio.

Nel corso dell’operazione è stato arrestato per detenzione ai fini di spaccio di droga Giuseppe Micali, messinese 37enne, fratello di Salvatore Micali in quanto, durante la perquisizione domiciliare, è stato trovato in possesso di sostanze stupefacenti.

11 dei nominati (CALABRO’ MAURIZIO, D’ANGELO MARCO, DI MENTO SALVATORE, IANNELLI FILIPPO, MICELI GIANLUCA, NERONI DOMENICO GIOVANNI, PANDOLFINO ANTONINO, PANTO’ PAOLO, RAFFA LADDEA MASSIMO, SARDO SEBASTIANO e VALENTI GIUSEPPE) sono stati portati in carcere, 4 (BARBUSCIA ANTONIO, CALABRO’ SANTINO, CRUPI FRANCESCO e VALENTE ROCCO) agli arresti domiciliari, 2 (LANFRANCHI ROCCO e MICALI SALVATORE) agli obblighi di presentazione alla p.g.