Storie a tinte rosanero: Amaurì, il “Drogba” della Sicilia

Storie a tinte rosanero: Amaurì, il “Drogba” della Sicilia

PALERMO – In Sicilia ha vissuto una delle sue più grandi esperienze, ma per sapere come ci è arrivato bisogna partire da molto lontano e volare in Brasile. Un paese, quello del Sud America che, si sa, non offre grandissime opportunità a tutti.

Ed è in questo scenario difficile che nasce Amauri Carvalho de Oliveira, precisamente a Carapicuiba, città a Sud del Brasile e che si affaccia sul mare, il 3 giugno del 1980. Sin da piccolo, Amaurì (come viene chiamato nel suo paese di origine) mostra di avere una forte tempra e capacità di sacrificio, aiutando la famiglia facendo diversi lavori. Prima in un supermercato, poi anche in diverse fabbriche. In tutto questo, però, ha sempre inseguito il suo sogno, allenandosi e facendo provini. 

La sua prima occasione la ha da “grande”: a 18 anni, infatti, fa il provino con la Santa Caterina, allora in seconda divisione brasiliana. Con questa casacca gioca 14 partite e va a segno 8 volte. Numeri abbastanza interessanti da essere inserito in una rappresentativa per il Torneo di Viareggio. Nel 2000, quindi, in Italia sigla una doppietta contro l’Empoli e attrae su di sé le attenzioni degli svizzeri del Bellinzona. Ma la sfortuna è tanta: un infortunio al ginocchio gli consente di scendere in campo solo 5 volte.

Nel 2001, quindi, dopo il fallito trasferimento in Belgio, arriva in Italia, dove, per mancanza di soldi, non riesce a tornare a casa. Così, la sfortuna si trasforma in fortuna. Il Parma decide di dargli un’opportunità, gli offre un contratto e lo cede in prestito al Napoli. Dopo un piccola gavetta in primavera, l’occasione di esordire nel massimo campionato contro il Bari. In totale saranno 6 le partite giocate e uno il gol segnato: alla fine sarà retrocessione.

Tuttavia, l’anno dopo, rimane in serie A grazie al Piacenza, ma le soddisfazioni non sono molte. Nel campionato seguente, quindi, vola in Toscana all’Empoli, dove non trova spazio. Quindi, nel 2002/2003, va a farsi le ossa in cadetteria. In serie B conosce la Sicilia e il Messina: 22 partite giocate e 4 marcature.

Le quattro stagioni successive veste la maglia del Chievo Verona. Bene le prime tre, con 90 presenze e 17 reti in A. Male l’ultima, in cui sale nel palcoscenico della Champions League nei preliminari mettendo a segno due reti. Ma la sua avventura in Veneto è già finita. Ad agosto del 2006, infatti, prende un nuovo volo per la Sicilia e arriva a Palermo, che sborsò quasi 9 milioni di euro per averlo.

Grazie all’allora allenatore Francesco Guidolin, Amaurì trova la sua dimensione, diventando il punto di riferimento dell’attacco rosanero. Il primo anno gioca 19 partite, mettendo la palla in fondo alla rete 8 volte. Lui si allena e l’anno dopo viene premiato ancora, venendo paragonato dal tecnico a Didier Drogba, in quegli anni una delle punte più forti, prolifiche e desiderate in Europa. Nel 2007/2008, Calimero, significato del suo nome originario scende in campo 38 volte e mette a segno 15 gol. Una macchina inarrestabile, non solo per i gol, ma anche per il sacrificio in campo e la potenza fisica.

Una svolta per lui, ma anche per la società palermitana. L’anno seguente, infatti, la Juventus lo inserisce nella lista della spesa e mette le mani al portafoglio: quasi 23 milioni di euro e il giocatore cambia subito maglietta e città. Il primo gol nella partita di ritorno dei preliminari di Champions League con l’Artmedia Bratislava: in totale saranno 14 in 44 sfide. Nel frattempo, grazie a questo slancio, dopo aver ottenuto la cittadinanza azzurra sposando una connazionale dalle origini italiane, riesce a vestire anche la maglia della nazionale. Nel 2010 il commissario tecnico Cesare Prandelli lo convoca per giocare contro la Costa d’Avorio. Sarà l’unica esperienza con la maglia dell’Italia.

Il rendimento in campionato è discreto, ma nel campionato seguente peggiora: solo 5 le marcature in A, 7 quelle complessive. Un declino che si consuma nella terza stagione in bianconero, con appena 9 apparizioni nel campionato italiano.

Da lì, poi, sempre peggio e sempre più in ombra. Parma, di nuovo Juve, Fiorentina, ancora Parma e infine Torino. Ma nulla, il “Drogba” della Sicilia sembra non avere più nulla da offrire. 

Oggi, a 36 anni, milita tra le fila della Ft. Lauderdale Strikers nella North American Soccer League, seconda divisione del campionato statunitense. Approdato in America l’anno scorso, è andato a segno 5 volte in 13 partite.

L’anno prossimo spegnerà un’altra candelina. Chi sa se non metterà la parola “fine” alla sua carriera da giocatore. Forse ha sprecato delle occasioni, forse è stato un campione mancato. Ma il calore rosanero rimarrà sempre nei suoi ricordi. Così, infatti, dichiarò in un’intervista al termine di una partita: “Devo ringraziare tutta Palermo che mi ha fatto diventare importante”.