“Sì” alla cremazione “no” alle unioni civili: la linea sottile che divide le coscienze dei fedeli

“Sì” alla cremazione “no” alle unioni civili: la linea sottile che divide le coscienze dei fedeli

CATANIA – È passato poco più di un mese dalla conferma, da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede – in una Istruzione che ha avuto il ‘placet’ del Papa -, che la Chiesa non vieta la cremazione. 

Anche se si è trattato solo di una “ufficializzazione” della posizione clericale, la notizia ha creato un potentissimo tam-tam mediatico in tutto il mondo cristiano e riacceso la polemica tra chi è a favore di tale pratica e chi, invece, si mantiene fedele alla tradizione cristiana della inumazione o della tumulazione.

C’è chi parla di ragioni igienico-sanitarie, chi si definisce “non credente” e chi invece segue una moda nello stabilire il futuro delle proprie esequie. Resta che, ad oggi nella nostra nazione, il numero delle cremazioni è notevolmente in crescita.

Va precisato, infatti, che, secondo i dati ISTAT sulle statistiche della cremazione, è probabile che la percentuale passerà dal 16,6% attuale al 30% nel 2050 (valori medi italiani, ma profondamente diversi tra Nord, Centro e Sud). In termini numerici si ritiene probabile un numero di cremazioni nel 2050 prossimo alle 178.000 unità (contro le 48.837 del 2005).

Nonostante questi dati, c’è da dire che in Sicilia la percentuale delle cremazioni negli ultimi anni non è mai stata molto elevata: parliamo dello 0,5%. A motivi di ordine sicuramente culturale, si aggiungono le difficoltà dell’attivazione del processo di cremazione: in Sicilia sono attivi solo due forni crematori, uno a Palermo (nel Cimitero S. Maria dei Rotoli; non sempre funzionante) e l’altro a Messina (nel Gran Campo Santo).

Tornando al nocciolo della questione, ribadiamo che da Torino a Catania, passando per Milano, Roma, Napoli e Catanzaro, la Chiesa ha ufficializzato il suo “benestare” alla cremazione e noi della redazione di Newsicilia abbiamo intervistato l’arcivescovo di Catania, monsignor Salvatore Gristina, proprio per fare il punto sulla questione.

Il 25 ottobre è arrivato il “sì” alla cremazione da parte della Chiesa. Ma in realtà la Chiesa non è mai stata contraria a tale pratica…

Esatto. L’Istruzione “Ad resurgendum cum Christo” ha ribadito quanto già nel 1963 l’allora Sant’Uffizio aveva affermato:

  1. che la cremazione non è «di per sé contraria alla religione cristiana» poiché non «tocca l’anima e non impedisce all’onnipotenza divina di risuscitare il corpo»
  2. che non siano più negati i sacramenti e le esequie a coloro che abbiano chiesto di farsi cremare, a condizione che tale scelta non sia voluta «come negazione dei dogmi cristiani o con animo settario o per odio contro la religione cattolica e la Chiesa».

• Cosa ha portato a rendere questa posizione ufficiale?

Come fa notare la stessa Istruzione, questa prassi negli ultimi decenni si è diffusa notevolmente in molte nazioni per vari motivi: igienici, economici, sociali. Ciò fa presumere che nel prossimo futuro in tanti Paesi la cremazione sarà considerata come la pratica ordinaria.

• Quali sono i risvolti negativi della cremazione?

Come sottolinea il documento, la pratica tradizionale della sepoltura, per il suo alto significato simbolico, è in sintonia da una parte con la fede nella resurrezione del corpo e, dall’altra, con la consapevolezza cristiana «dell’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona di cui il corpo condivide la storia». Non si può ridurre la persona umana alla sola dimensione corporale. Per la fede cristiana, il corpo non è tutta la persona, ma è una parte integrante, essenziale, della sua identità. Se l’uomo, in particolare il cristiano, perdesse di vista tutto ciò, potrebbe cadere facilmente nella privatizzazione e commercializzazione della morte e del lutto.

• Cosa si intende con “privatizzazione e commercializzazione della morte e del lutto”?

Alcuni usi che si stanno diffondendo, come la dispersione delle ceneri (nell’aria, in terra o in acqua), la custodia dell’urna delle ceneri cremate in casa o in luoghi privati, oppure la trasformazione delle ceneri in ricordi commemorativi (pezzi di gioielleria o altri oggetti) derivano da una confusione dottrinale e dalla diffusione di mode discutibili. Infatti, la scelta di disperdere le ceneri procede spesso dall’idea che, con la morte, l’uomo intero venga annientato e il suo destino sia fondersi con la natura. Non è opportuno, inoltre, conservare nella propria casa le ceneri di un caro parente (padre, moglie, marito, figlio), per il desiderio di una vicinanza che faciliti il ricordo e la preghiera: la casa è un luogo privato e, nel caso di famiglie che presentino problemi relazionali tra i congiunti, la situazione potrebbe limitare la possibilità, da parte di alcuni familiari, di rendere omaggio al defunto. La morte è “separazione” definitiva che bisogna accettare: non si può tenere il proprio caro in casa come una “cosa” che continua ad appartenere. C’è inoltre il rischio che si producano dimenticanze o mancanze di rispetto, soprattutto una volta passata la prima generazione, nonché pratiche sconvenienti e superstiziose. Quindi non si può privatizzare, né occultare quanto si riferisce alla morte, né diffondere mode di gusto più che discutibili (creare gioielli dalle ceneri). Il cimitero, o un altro luogo sacro, è il luogo della memoria e della comunione dei vivi con tutti i defunti, non solo i propri cari.

• Forse si è trattato di un semplice adeguarsi ad una pratica molto comune ormai…

Da quanto detto finora non credo che si tratti di adeguarsi alla prassi. È vero che si viene incontro ad una esigenza, ma la Chiesa ha il compito di illuminarla con la fede annunciando la speranza in Cristo risorto.

• Se accettare la cremazione vuole dire adeguarsi ai tempi che cambiano, ma soprattutto alle pratiche in uso nel resto del mondo, potrebbe accadere lo stesso anche con le unioni civili, che invece restano ancora al di fuori del volere del mondo clericale…

Penso che questa affermazione sia una forzatura. La Chiesa non ha il potere di stravolgere i piani di Dio. Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione. Quando a Gesù pongono la domanda sulla liceità del “ripudio”, Cristo risponde che Mosè lo permise per la “durezza dei loro cuori”, ma richiamando l’atto creativo di Dio, Egli ha ribadito che “da principio li creò maschio e femmina, perciò l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà con sua moglie e i due saranno una carne sola (cfr. Mt 19,4-5). Ora, come Cristo è andato incontro ad ogni uomo, facendosi prossimo, così la Chiesa, pur ribadendo che il sogno di Dio è la famiglia fondata sul matrimonio indissolubile, unitivo e procreativo, al contempo è chiamata a mostrare l’indefettibile amore misericordioso di Dio verso tutti, pur non costituendo questo negazione della sua dottrina, ossia parificazione delle unioni civili al matrimonio sacramento.

• Può essere considerato come un tentativo da parte della Chiesa di riavvicinarsi al mondo laico?

È nella missione della Chiesa andare incontro all’uomo. Per esempio, nella lettera apostolica Misericordia et Misera che Papa Francesco ha scritto a conclusione dell’anno giubilare, il Papa, donando a tutti i sacerdoti la facoltà di togliere la scomunica, legata all’aborto, mediante l’assoluzione sacramentale, non si è voluto avvicinare al mondo laico affermando che l’aborto non è più un peccato grave, come molti hanno inteso; il Santo Padre ha voluto invece che “nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio”.