Stop al cyberbullismo, inasprite le pene

Stop al cyberbullismo, inasprite le pene

Per i giuristi inglesi esistono due tipi di cyberbullismo: il primo, detto cyberbullying, ha come protagonisti due o più minorenni; il secondo, soprannominato cyberharassment, si verifica quando un adulto, grazie all’utilizzo di mezzi informatici, attua una molestia nei confronti di minori. In Italia, secondo l’ultimo rapporto ISTAT 2014, gli adolescenti vittime di messaggi vessatori, ricatti ed estorsioni sarebbero oltre 2 milioni. Al momento, le pene previste per queste tipologie di reati consistono nella reclusione in carcere da 6 mesi a 5 anni, ma con l’aggravarsi del fenomeno le commissioni Giustizia e Affari sociali della Camera hanno varato un testo che, oltre a chiarire cosa sia effettivamente il cyberbullismo, innalza la pena detentiva da 1 a 6 anni e prevede la confisca obbligatoria di qualsiasi dispositivo tecnologico in grado di collegarsi a Internet.

Nel ddl, che sarà votato in via definitiva al Senato il 12 settembre, si legge: «La presente legge si pone l’obiettivo di prevenire e contrastare i fenomeni del bullismo e del cyberbullismo in tutte le loro manifestazioni, con particolare riguardo a una strategia di attenzione e tutela nei confronti dei minori coinvolti, sia nella posizione di vittime che in quella di responsabili di illeciti, privilegiando azioni a carattere formativo ed educativo rivolte anche agli infraventunenni».

A essere chiamata in causa è la scuola. Paolo Beni, uno dei relatori del testo, in un’intervista a la Repubblica ha dichiarato: «Ogni istituto scolastico, nell’ambito della propria autonomia, deve individuare fra i docenti un referente con il compito di coordinare le iniziative di prevenzione e di contrasto del bullismo e del cyberbullismo, anche avvalendosi della collaborazione della Polizia postale, nonché delle associazioni e dei centri di aggregazione giovanile presenti sul territorio».

In effetti, se i mondi virtuali sono il riflesso di quelli reali, per prevenire il cyberbullismo è opportuno partire dalle “situazioni concrete”, le quali trovano il loro epicentro dentro gli istituti scolastici. Una pratica assai in voga tra i giovani è la realizzazione di filmini e scatti pornografici durante le ore di lezione in classe o nei bagni; si tratta di materiale che, a discrezione dell’autore, può – e la maggior parte delle volte accade – finire in Rete, causando un danno al decoro, alla dignità, all’onore e all’immagine dei protagonisti coinvolti.

Tuttavia il cyberbullismo non si limita alla pornografia, secondo la definizione presentata da entrambe le commissioni «per cyberbullismo s’intende, inoltre, la pubblicazione e la diffusione online attraverso la Rete Internet, chat-room, blog o forum, di immagini, registrazioni audio o video o altri contenuti multimediali effettuati allo scopo di offendere la reputazione di una o più vittime, nonché il furto d’identità e la sostituzione di persona operate mediante mezzi telematici allo scopo di acquisire e manipolare dati personali, nonché pubblicare informazioni lesive» a svantaggio, ovviamente, di terzi.

Senato della Repubblica

Con la nuova legge, nel caso in cui si verifichi l’illecito, i genitori potranno rivolgersi direttamente ai gestori dei servizi (titolari di siti Web, social media, programmi di messaggistica istantanea) e al Garante per la protezione dei dati personali per chiedere, entro 30 giorni, l’oscuramento, la rimozione e il blocco delle comunicazioni in merito ai contenuti segnalati. Sarà in seguito compito del Garante della privacy assicurarsi che la norma venga applicata. A condire la proposta di legge un finanziamento triennale di 220 mila euro erogato dal Fondo per la lotta contro la pedopornografia che, nelle intenzioni dei parlamentari, sarà investito per la formazione e rieducazione del personale docente al fine di contrastare il bullismo tradizionale e non.

Alberto Molino