“La buca” e Ciprì non vi è caduto dentro… Tutt’altro

“La buca” e Ciprì non vi è caduto dentro… Tutt’altro

CATANIA – Nei giorni scorsi al cinema Multisala Planet di Catania è stato proiettato in anteprima il nuovo film di Daniele Ciprì ‘La buca’; per l’occasione era presente in sala lo stesso regista palermitano, il quale ha presentato brevemente il film e, al termine della proiezione, si è anche intrattenuto con noi per una breve conversazione nella quale si è parlato del film in questione e di cinema in generale.

Iniziamo dal titolo: perché ‘La buca’?

«Passeggiavo con il mio cane lungo il lungomare di Ortigia a Siracusa, e ad un certo punto mi guardo in giro con più attenzione e noto che la strada era tutta disseminata di buche, alcune anche abbastanza grandi, tanto da poterci inciampare e farsi male, o magari avere un incidente stradale. E allora mi sono chiesto: possibile che nessuno ci faccia caso? O magari da qualche parte in Italia, nel mondo, c’è qualcuno che ha una storia di incidenti o di risarcimenti e speculazioni legata proprio alle buche stradali? E da lì la mia mente e la mia immaginazione si sono messe in moto e hanno iniziato ad indagare e a creare. Gli imput per questo film però sono stati davvero tanti, e grande merito va dato anche ai miei sceneggiatori».

La buca in quanto tale a dir la verità non c’entra molto con la storia raccontata nel film, tuttavia ne è ‘kubrickianamente’– l’alfa e l’omega, poiché attraverso lei si ‘entra’ nel film e con lei questo si chiude; la buca nella strada è soprattutto un frammento di realtà che si rivela epicentro di un palcoscenico da teatro dell’assurdo, ponendo così la vicenda, i personaggi al suo interno, e gli stessi spettatori, a cavallo tra due dimensioni mai nettamente divisibili: quotidianità prosaica e fiaba sognante.

Nel mezzo, tra alfa e omega, ci sta il film e l’avventura di due personaggi molto particolari, tipi perfettamente italici seppur chiaramente ispirati ad una coppia comica d’oltreoceano particolarmente cara a Ciprì: Jack Lemon e Walter Matthau. Da un lato un ex-galeotto (Rocco Papaleo) dall’animo puro, stralunato e spaesato (un po’ come il protagonista del precedente lavoro del regista siciliano ‘È stato il figlio’; dall’altro il più classico e grottesco avvocato azzeccagarbugli (Sergio Castellitto), individuo dallo scatto (e dal tic) felino. Un duo che però non è proprio duo, semmai trio, perché ad accompagnare le due macchiette ci sta un cane, Internazionale è il suo nome, che a detta di Ciprì «è come una proiezione del regista e, soprattutto, una figura grazie alla quale sono arrivato a dare al film una struttura d’animazione».

In effetti la prima cosa che salta all’occhio fin dall’inizio del film, è il suo aspetto quasi da cartone animato, con atmosfere surreali e un tipo di recitazione esasperatamente teatrale da parte degli attori; e proprio per questi aspetti ‘La buca’ sembra ricordare un po’ ‘Grand Budapest Hotel’ di Wes Anderson, relazione non rigettata da parte di Ciprì, che però specifica: «Più che di un contatto diretto tra me e Anderson, possiamo parlare di un comune modello: Kubrick». E come ignorarlo? Ciprì infatti, similmente all’illustre modello, cura estremamente i particolari dell’immagine (non a caso è stato anche direttore della fotografia di diversi film), dà grande risalto al contrasto tra luci e ombre, e si diletta spesso in sottili giochi ottici, anche attraverso inquadrature ingannevoli e messe a fuoco bizzarre.

Ma torniamo a ‘La buca’, un film che, come già successo per ‘È stato il figlio’, è ambientato in un non-luogo, un posto che assomiglia a tutta l’Italia ma a nessuna città in particolare. Un film che il regista definisce «un viaggio, una follia, un film in vinile e bugiardo, perché in fin dei conti un film deve essere anche bugiardo, come quelli di Fellini, Scola, Méliès. Un film d’altri tempi, vecchio, ma non per nostalgia, bensì per poter osservare la realtà da un’altra prospettiva». Perché se la realtà è già di per sé grottesca, bisogna allora trasfigurarla con fantasia e leggerezza. Quest’ultima è sicuramente uno dei punti di forza de ‘La buca’, poiché si abbina ad una vera e propria ‘polifonia’, vale a dire la capacità di saper utilizzare diversi strumenti e tonalità lungo il corso di tutta la pellicola: dal comico al malinconico, dal grottesco al surreale, e poi il bello e il brutto, la prosa e la poesia.

Un film insomma che sfugge a qualsiasi definizione e che sa rendere tale indefinitezza fresca e affascinante. «Il cinema è anche, e soprattutto, magia», conclude Ciprì. Si aggiunga allora che ‘La buca’ è un film necessario, perché se di questi tempi occorre aprire bene gli occhi di fronte ad una realtà sempre più cruda e spaventosamente assurda, bisogna pur saper viaggiare sulle ali dell’immaginazione e della magia: e questo tipo di cinema è ancora capace di ricordare a tutti noi come si fa.

Federico Salvo