Stato-Mafia, ex ministro Martelli: “Falcone solo e in difficoltà. Lo avevo detto”

Stato-Mafia, ex ministro Martelli: “Falcone solo e in difficoltà. Lo avevo detto”

SICILIA –Nel 1991 da ministro della Giustizia chiamai Giovanni Falcone a dirigere la Direzione generale degli Affari penali del Ministero perché a Palermo era isolato. Avevo avvertito che era un uomo in grosse difficoltà“.

Esordisce così l’ex ministro Claudio Martelli deponendo al processo sulla trattativa tra Stato e mafia, parlando dei suoi rapporti con il giudice ucciso nella strage di Capaci con la moglie e i tre agenti di scorta.

Lo chiamai al Ministero perché in un incontro avvenuto anni prima, nel 1987, Falcone mi aveva molto colpito, non solo per la ‘lezione’ di mafia che mi impartì, ma per una sorta di intensità drammatica che emergeva della sua persona – racconta Martelli – Non credo di averlo mai visto sorridere in quattro ore, era pallido, emaciato. C’era un senso di tensione e di pesantezza in quell’ufficio. Avevo poi seguito le vicende successive, la mancata nomina a capo dell’ufficio istruzione, ad esempio, oppure la mancata nomina a Procuratore capo, o al Consiglio superiore della magistratura e sapevo delle polemiche scatenate a Palermo, anche extra giudiziarie da parte di Orlando Cascio e dell’avvocato Galasso. Ho avvertito, insomma, che Falcone era un uomo isolato e in difficoltà. Se fosse stato il Falcone vincente del maxiprocesso – continua l’ex ministro – non ci sarebbe stato alcun motivo di chiamarlo a Roma, io invece lo chiamai perché era in difficoltà, ho pensato che si poteva e si doveva fare qualcosa di serio contro la mafia e Falcone mi sembrava indispensabile per perseguire questo obiettivo“.

Avevo conosciuto Falcone nel 1987, appena arrivato a Palermo per guidare la lista elettorale del Psi alla Camera – spiega poi Martelli rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto Vittorio TeresiDue giorni dopo il mio arrivo chiesi di incontrare Falcone perché ero colpito dall’iniziativa del maxiprocesso. Falcone mi ricevette nell’ufficio blindato in cui lavorava ed ebbi la sensazione di un uomo straordinariamente teso per il lavoro. Quando gli parlai della mafia mi corresse e mi disse che sera Cosa nostra“.

“Gli chiesi come fosse possibile che a capo di quella organizzazione ci fosse un contadinotto arrivato dalla campagna e lui cominciò a spiegarmi e mi fece e una vera e propria lezione su cosa era Cosa nostra – conclude Martelli – Ci tenne a sottolineare la cura con cui venne impostato il maxiprocesso. Gli chiesi anche dei pentiti. E lui mi corresse ancora definendoli collaboratori di giustizia. Quell’incontro durò molto, almeno quattro ore. O forse più. Mi colpì non solo il magistrato ma anche l’uomo. Poi ci sono stati incontri del tutto occasionali con Falcone. Fino a quando lo chiamai al Ministero”.