Bianco si autocelebra, fra cadute di stile e assenza di contraddittorio

Bianco si autocelebra, fra cadute di stile e assenza di contraddittorio

CATANIA – Cominciamo dalla fine. È il momento di quello che dall’ufficio stampa del Comune di Catania è stato definito “videoemozionale”. Immagini di Catania in bianco e nero, la voce narrante teatrale, da dramma shakesperiano, poi all’improvviso il colore, la Catania di oggi rigorosamente dall’alto, da dove tutto appare bello, il dettaglio coi piedi per terra è riservato soltanto a gigantografie di Enzo Bianco sorridente, Enzo Bianco col caschetto da ciclista, Enzo Bianco sempre nella stessa location, il lungomare, nella prima giornata del mese, quando è precluso al traffico veicolare. Dal bianco e nero al cosiddetto Lungomare Liberato. Ecco l’evoluzione di Catania secondo Bianco e la sua Giunta.

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Un po’ Istituto Luce, un po’ prediciottesimo. Il video più che emozionare sintetizza. E inquieta. Più di quanto avvenuto all’inizio, quando c’è voluto l’intervento del questore di Catania Marcello Cardona per permettere al presidente dell’Associazione Sicilia, Mediterraneo, Europa, Maurizio Caserta, al rappresentante di Catania Bene Comune, Matteo Iannitti, e ad alcuni membri di Officine Siciliane di partecipare a “Il Tempo del Raccolto – 34 mesi di governo a Catania”. “È il nome – si legge nel comunicato stampa che lo annunciava – dell’evento rivolto agli stakeholder della città, dalle rappresentanze professionali a quelle associative, dal mondo produttivo a quello delle istituzioni”. L’accredito era richiesto soltanto per la stampa. Ma alcuni rappresentanti di tutte le categorie menzionate nel comunicato e per le quali non era stato specificato che fosse necessario un invito, sono stati lasciati alla porta. Il tutto in un clima surreale. Il centro direzionale San Leone, la struttura pubblica dove è stata ospitata la manifestazione, sorvegliata dalla Digos, dai Carabinieri e perfino da alcuni agenti in tenuta antisommossa con tanto di mezzo blindato.

  mezzo blindato

A quanto pare, dal Comune il giorno prima era stato chiesto lo spiegamento di forze perché si temevano dure contestazioni, intemperanze. “Paranoie da signorotto che ha perso di vista la realtà”, dice Iannitti. Mentre dei dipendenti comunali sono stati utilizzati come paravento, come ambasciatori che portano la pena, imbarazzati e senza sorriso di circostanza, quello sfoggiato da Bianco quando è giunto al centro direzionale e ha lasciato le cose come stavano, come voleva.

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Grottesco anche il pretesto utilizzato: “L’auditorium è pieno, i posti sono stati tutti assegnati per invito”, afferma una delle dipendenti. Facciamo parlare le foto.

Auditorium 2

Ma la caduta di stile, allucinante, sì, allucinante, del Comune di Catania è perfettamente incastonata in quella che è apparsa una gigantesca farsa. Abbiamo assistito ad una celebrazione, non ad un bilancio. Abbiamo assistito ad una semina, non ad un raccolto. Un susseguirsi di accuse all’amministrazione Stancanelli, di “nonostante questo, nonostante quello”, di “abbiamo trovato questo, abbiamo trovato quello”, di eroico specchiarsi, di dati serviti con slide illeggibili, tanto rapido era il susseguirsi sul maxi schermo e nemmeno una cartella di supporto per la stampa, in modo da poterli leggere con calma, tali epici numeri. Numeri che parlano, comunque, al futuro ed al condizionale. Perché abbiamo sentito una sfilza di “faremo”, “avverrà”, “dovrebbe realizzarsi”, “se”, “probabilmente”. Il tutto supportato da video con alcuni rappresentanti di categorie professionali, sindacali, della società civile, preti, cittadini, consiglieri di quartiere felici di celebrare Bianco e la sua Giunta. Che si è guardata bene dall’affrontare temi come il rischio dissesto, lo scandalo delle partecipate, i guai con la Corte dei Conti acuiti dal caso della consulenza per la redazione del Piano di riequilibrio per il risanamento delle casse comunali che era stato affidato ad una società legata al presidente del Collegio dei Revisori del Comune di Catania.

Roba, robetta o robaccia, fate voi, da campagna elettorale in vecchio, vecchissimo stile. Roba, robetta, robaccia da bilancio preventivo, non consuntivo. Senza alcuna possibilità di confronto. Non erano previsti interventi, nemmeno per la stampa, chiamata, quindi, con, ricordiamo, tanto di accredito ad assistere ad una propaganda. Tutti in silenzio ad ascoltare, possibilmente adoranti. Un po’ cinegiornale, un po’ prediciottesimo. Un po’ regime sgangherato, un po’ deriva sociale. Così è.

Alessandro Sofia