Violenze in famiglia e contro le donne, il parere dell’esperto

Violenze in famiglia e contro le donne, il parere dell’esperto

SIRACUSA – Negli ultimi anni il fenomeno delle violenze in famiglia sembra essere cresciuto a dismisura. Diventa sempre più normale leggere notizie legate a una lite familiare culminata in tragedia, nella maggior parte dei casi la vittima prediletta da tale furia omicida è la fidanzata, la compagna o la moglie. 

In questo periodo abbiamo imparato a conoscere le storie di Eligia Ardita, uccisa dal marito a soli 35 anni insieme alla bambina che portava in grembo, e di Giordana Di Stefano rimasta vittima della gelosia dell’ex compagno. L’ultima pagina di cronaca riservata alle violenze in famiglia è stata scritta pochi giorni fa quando a Noto Buza Gheorghe Ovidiu, trentasettenne romeno, ha cercato di uccidere la moglie.

Secondo alcuni dati del 2015 riguardanti la Sicilia il 23% della popolazione femminile è vittima di violenza da parte dei propri partner o da componenti del nucleo familiare di sesso maschile. 

Quando si parla di femminicidio, o più un generale di violenza contro le donne il movente è quasi sempre quello della gelosia – ci spiega Raffaella Mauceri fondatrice e responsabile della Rete Antiviolenza Antistupro Antistalking di Siracusa -. Il problema è anche culturale, considerando che noi donne siamo sempre state male educate a credere che la gelosia sia il metro per misurare l’amore. Dobbiamo capire che la gelosia è il pretesto con cui l’uomo pensa di potersi appropriare della propria donna”. 

“Solo nella provincia di Siracusa – continua Raffaella Mauceri – le denunce si aggirano sempre intorno alle 100/150 l’anno, questo dato già ci fa capire come la legge italiana non funzioni. Per combattere un fenomeno come quello del femminicidio ci vogliono leggi molto più incisive con pene esemplari. È inaccettabile che chiunque compia un omicidio abbia la possibilità di scegliere il rito abbreviato! C’è da sottolineare che in Italia la pena dell’ergastolo è stata soppressa, quindi in caso di omicidio si parte da una condanna pari a 30 anni di carcere che si riducono a 20 con il rito abbreviato”.

Secondo le statistiche fornite dall’ONU almeno il 35% delle donne conosce la violenza e ci convive abitualmente, mentre il 30% l’ha vissuta sulla propria pelle almeno una volta nella vita. 

“I casi di violenza cominciano già dopo i primi mesi di un semplice rapporto fra fidanzati – dichiara la Mauceri ma questi si intensificano molto di più dopo il matrimonio. In un certo qual modo per alcuni uomini con la stipula del contratto di matrimonio è come se scattasse un diritto di proprietà”.

Un esempio pratico è la storia dell’augustana Francesca Ferrauto uccisa dal compagno a soli 21 anni. 

La povera Francesca da tempo intratteneva una storia con Gianfranco Bari. La ragazza stanca dei soliti litigi trovava finalmente il coraggio di lasciare il suo compagno, che però non accettava la separazione. Nel maggio del 2009, al culmine dell’ennesima lite, Gianfranco Bari uccideva Francesca e ne faceva a pezzi il corpo seppellendolo nella proprietà del padre.

“Mai andare all’ultimo appuntamento – avverte Raffaella Mauceri -. Lo raccomandiamo a tutte le donne che si trovano in queste situazioni. Quando avete deciso di chiudere un rapporto continuate con la vostra decisione, perché è proprio dall’ultimo incontro che non si fa più ritorno”. 

Raffaella Mauceri, durante l’intervista, spiega come secondo lei la violenza sulle donne nasca soprattutto da un problema culturale: “La nostra società, non solo in Sicilia ma in tutta l’Italia, fonda le radici del nido familiare su regole patriarcali: dove il così detto ‘potere’ è detenuto dall’uomo. Quella che noi siamo abituati a chiamare gelosia diventa un vero e proprio diritto di possesso, com’è successo ad esempio per Giordana Di Stefano. La violenza sulla donna però si manifesta anche tra padre e figlia: nel Siracusano non molto tempo fa ci siamo trovati a lottare accanto ad una ragazza stanca dei continui abusi del padre”.

In alcuni casi però la furia omicida nell’ambito familiare non si manifesta contro la moglie, che spesso ne è la causa, ma sugli stessi figli. Un paio di settimane fa una ragazza di 26 anni, nel tentativo di sedare una lite tra i genitori, viene accoltellata alle mani dal padre. Fortunatamente per la ragazza non ci sono stati risvolti tragici e il padre, un uomo di 51 anni, è stato immediatamente arrestato con l’accusa di tentato omicidio. 

La situazione diventa più delicata quando i figli sono ancora minorenni, su questo Raffaella Mauceri spiega: “Quello che consigliamo sempre, dopo aver effettuato la denuncia, è abbandonare il tetto familiare e, con il sostegno delle forze dell’ordine che operano congiuntamente con centri antiviolenza e assistenti sociali, nascondersi in un’abitazione che non sia quella della famiglia d’origine in modo da non mettere altre persone in pericolo. In questo modo si può avviare la propria battaglia contro il proprio aguzzino, difendere se stessi e i propri figli. L’unica cosa che raccomandiamo alle donne vittima di violenza è quella di denunciare e farsi spalleggiare dai centri antiviolenza, dove possono trovare una vera squadra pronta ad accoglierle e supportarle”.