Da paladini dell’antiracket a imputati per mafia: questioni di ipocrisia

Da paladini dell’antiracket a imputati per mafia: questioni di ipocrisia

SICILIA – Fin da bambini ci insegnano che “per sconfiggere la mafia bisogna denunciare“, perché l’omertà è stata sempre sinonimo di connivenza. Da anni diversi imprenditori, professionisti o semplici cittadini hanno cominciato a segnalare alle autorità diversi casi di crimini legati a Cosa Nostra. Sono state create delle vere e proprie associazioni antimafia e antiracket molto attive su tutto il territorio siciliano. Il problema è che alcuni di questi paladini della giustizia spesso si ritrovano coinvolti in inchieste legate proprio ad affari con la criminalità organizzata.

L’ultimo caso è di questa mattina. Un imprenditore antiracket, Vincenzo Artale, che nel 2006 aveva denunciato di essere stato vittima del pizzo è stato arrestato poiché avrebbe fatto affari con i boss della zona, vicini a Matteo Messina Denaro

Ma se riavvolgiamo il nastro, sono tanti i casi che nel recente passato hanno fatto scalpore. 

Nel febbraio del 2015 Antonello Montante, pezzo grosso dell’Antimafia, è finito sotto inchiesta. Presidente degli industriali siciliani e il delegato per la “legalità” di Confindustria è stato indagato per reati di mafia.

Nel maggio dello stesso anno il presidente dell’Ance Sicilia, Salvo Ferlito, viene condannato a tre anni per truffa per l’appalto della strada provinciale 102/II da 4 milioni e mezzo di euro. Nell’accusa era inizialmente presente l’aggravante mafiosa, poi decaduta.

Fino ad arrivare ad ottobre quando è scoppiato il caso più eclatante legato alla società edile Tecnis. I vertici dell’azienda, Mimmo Costanzo e Concetto Bosco, sono stati arrestati per corruzione nei confronti di una dirigente dell’Anas.
Poche settimane fa i carabinieri hanno sequestrato la Tecnis e la Cogip poiché pare che i dirigenti delle società abbiano intrattenuto “relazioni pericolose” con diversi boss di Cosa Nostra. E pensare che Mimmo Costanzo aveva denunciato e fatto arrestare una pattuglia di affiliati alla ‘ndrangheta che chiedevano il pizzo sulla Salerno-Reggio Calabria. 

La lotta alla mafia continua fra parole coperte di ipocrisia e speranza di chi lotta davvero ogni giorno per sconfiggere questo terribile male. Come diceva Paolo Borsellino: “La lotta alla mafia deve essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità“.