Sicilia pedina di uno scacchiere di guerra: cosa rischiamo?

Sicilia pedina di uno scacchiere di guerra: cosa rischiamo?

CATANIA – Sigonella con i droni Global Hawk statunitensi, l’aeroporto di Pantelleria, il Muos di Niscemi, insomma gran parte della Sicilia sembra ormai un laboratorio di guerra che appartiene agli americani. 

Neanche un mese fa, infatti, vi abbiamo raccontato della nascita, proprio nella base aeronavale siciliana, del più grande centro di controllo droni killer statunitensi e oggi non accennano a placarsi le polemiche relative alla decisione, presa in gran segreto dal governo Renzi e svelata in anteprima dal Wall Street Journal e cioè che l’Italia ha concesso la base di Sigonella ai droni Usa per le missioni contro l’Isis in Libia e in Nord Africa.

Ma siamo in guerra? Esiste un pericolo?

Stando a quanto dichiarato proprio dal presidente del Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi, i siciliani non avrebbero nulla da temere in quanto l’utilizzo previsto per i velivoli senza pilota sarebbe esclusivamente a scopo difensivo. Per essere precisi, dopo quasi un anno di silenziosissime negoziazioni, gli Stati Uniti avrebbero ottenuto l’agognato “ok” dall’Italia solo a condizione che i droni venissero utilizzati per proteggere le forze speciali Usa.

Inoltre il Ministero della Difesa, confermando la notizia dell’accordo tra Washington e Roma, ha sottolineato che l’attività non è ancora iniziata e che dovrà essere sottoposta, caso per caso, all’autorizzazione del governo.

In guerra qual è la differenza tra difesa e offesa?

Le nuove tecnologie puntano ad annientare gli avversari prima che questi possano effettuare qualsiasi tipo di attacco e anche i droni non armati come i Global Hawk, presenti a Sigonella già da parecchi anni, hanno la capacità di monitorare e individuare obiettivi per poi segnalarli ai cacciabombardieri con sistemi missilistici ed eventualmente trasmettere ordini di attacco. Insomma anche sistemi che non imbarcano missili, sono armi d’attacco: di distruzione al primo colpo. 

Ecco perché in molti, compreso il vice presidente della Camera Luigi Di Maio, hanno definito la Sicilia un bersaglio dell’Isis, a detta di molti l’Italia sembra già essersi resa complice di ciò che sta avvenendo in Libia.

Sembra essere questo il risultato di un dibattito assente. Tutto ciò che sappiamo deriva da oltreoceano e gli italiani sono stati privati di un loro diritto fondamentale sancito dalla Costituzione: l’informazione.