“Commissario hanno chiamato dal … RIS”

“Commissario hanno chiamato dal … RIS”

I primi bagliori dell’alba coloravano la superficie plumbea del mare, piatto come una tavola. Le cime delle piccole dune di sabbia, assumevano un colorito rosso tenue, tendente all’arancio, lasciando alle dolci tonalità del blu le zone in ombra. Uno scenario che il commissario non avrebbe avuto difficoltà ad accostare ai giochi tonali di “San Giorgio Maggiore al crepuscolo” di Monet, di cui gelosamente conservava una copia.

A regalargliela era stato tale Mauro Bac, un vecchio collega di caserma nato chissà dove e residente a Venezia. Salvo Montalbano, non gli aveva mai concesso più di un’unghia di confidenza, ma gli voleva bene. Da quando aveva messo piede a Vigàta, non aveva più avuto sue notizie. Sul retro della tela, la pessima grafia dell’amico scriveva: “A Salvo, con l’augurio che possa trovare ciò che cerca nella vita e perdere quel pessimo accento siculo. Ti aspetto a Venezia, con affetto Mauro”.

Intanto nella casa di Marinella, l’odore del caffè che pervadeva la cucina, non lasciava scampo alle lusinghe di Morfeo che continuava ad accarezzare i sogni del commissario, il quale, dal canto suo, non pareva affatto dispiaciuto di tante “attenzioni”.

<<Buongiorno commissario, ce la prendiamo comoda, eh?>> esordì Livia.

<<Buongiorno. Che ore sono?>> grugnì Montalbano.

<<Un quarto alle dieci>>.

<<O madonna! Perché non mi hai svegliato? Mimì non ha chiamato>>.

<<Tranquillo, ci ho parlato io al telefono>> poi, scostando i capelli dal viso, proseguì con tono ammiccante <<mi ha detto che “date le circostanze…puoi anche prenderti un giorno per te”>>.

Intanto al commissariato tutto tace. Nessun morto ammazzato, nessuna segnalazione, nessuna denuncia, manco un’anima si è vista. Solo una telefonata sveglia di soprassalto l’agente Agatino Catarella che la sera prima aveva fatto le ore piccole, le 22.30 al più, per il compleanno della nipote.

<<Dottore Augello, io mi sto scimunendo!>>.

<<Te ne stai addunando ora Catarè?>> appoggiandogli una mano sulla spalla. <<Parla! Chi era al telefono?>>.

<<E io che ne so!>> rispose.

<<Ma come che ne so Catarella? ma veramente ti sei scimunito!>>.

<<Allora dottore, chiamò un uomo di sesso femminile, cioè un tizio donna. Vabbè na fimmina. Dice che quelle del Ris stanche sono, e poi del dottore commissario chiedeva>>.

<<E a noi che minchia ci interessa che quelli del Ris sono stanchi? Che ci fu omicidio e volevano aiuto da noi? Giusto giusto oggi che Salvo non c’è. Ha lasciato un contatto?>>.

<<Per carità dottore! nessun contatto, non sono il tipo. Abbiamo solo parlato!>>.

<<Ah non ci sei andato a letto? Catarella ma che hai capito? Un contatto telefonico, un numero di telefono, un indirizzo, qualcosa per poterci parlare te lo sei appuntato?>>.

<<L’appuntato oggi non c’è dottore, ha chiesto permesso. Il numero però nella scrivania lo trova>>.

Era un uomo dai modi schietti e duri, le cose le diceva “pane pane vino vino”. La vicinanza di Livia, però, lo faceva sembrare un picciriddro che aspetta di essere scelto in squadra per giocare a pallone in strada. Mai perfettamente rilassato, il commissario, si stava godendo una piacevole passeggiata in spiaggia insieme alla sua donna, quando vide avvicinarsi un uomo di gran carriera. Era Fazio che si cataminava come manco il miglior Mennea sarebbe riuscito a fare.

<<Commissario, signora, scusat…>> dovette fermarsi per prendere fiato a pieni polmoni.

<<Fazio, e che è? Ti stai allenando per le olimpiadi di Vigàta? Vedi che a Tanuzzo non lo batti lo stesso, quello una freccia è>>.

<<No commissario… avete il telefono spento…>> continuò contorcendo il viso in un’espressione di sofferenza <<hanno chiamato dal Ris>>.

<<E che vogliono? Gli scienziati vengono a chiedere a un commissario di paese?>>.

<<Non lo so commissario, ci ha parlato Catarella. Qui c’è il numero, era una donna. Scusate il disturbo signora>>.

<<E chiamiamo sto Ris, vediamo che vogliono>>.

<<Pronto, Montalbano sono. Con chi parlo?>>

<<Commissario, buongiorno. Mi scusi se l’ho fatta disturbare, sono la dottoressa Michela Stancheris…>>.

<<Il solito Catarella>> disse rivolgendosi a Livia allontanando la cornetta. <<Dottoressa, nessun disturbo, parli pure>>.

 <<La chiamavo per informarla che ho incontrato il presidente e il segretario generale, la dottoressa Patrizia Monterosso. Parliamoci chiaro commissario, stavamo per fare una gaffe enorme con lei. Dopo il ddl su cui sta lavorando personalmente, è stato proprio il presidente a darmi mandato, con atto ufficiale, sia chiaro, per l’avvio delle procedure necessarie per farla rimanere a Vigàta. Ci scusi se le abbiamo creato disagio>>.

Tutto sto casino per dirmi che resto a Vigàta, maledetto Catarella” pensò Montalbano. <<Macché dottoressa, non si scusi, sono molto contento che alla fine si sia giunti a questa conclusione. Mi stia bene>>.

Da qualche minuto, l’odore di pesce alla griglia proveniente dal ristorante di Enzo, faceva scattiàre il cannarozzo al commissario, priàto della bella notizia e di avere Livia a lato.

<<Salvo, questa città ti deve davvero tanto. Non saprebbero come fare senza di te, e tu senza di loro. Non sarei sorpresa se ti dichiarassero patrimonio culturale della Sicilia>>.

<<Il pranzo te l’avrei offerto lo stesso Livia, non c’era bisogno di disturbarsi…>.

Foto in copertina: ANSA.IT