“Ho paura a fare il chirurgo”, quando una scelta diventa pericolosa. La parola a Buscema

“Ho paura a fare il chirurgo”, quando una scelta diventa pericolosa. La parola a Buscema

CATANIA – “No non voglio fare il chirurgo, ne ho paura”. Parole che si sentono sempre più frequentemente dai giovani medici che devono stabilire quale specializzazione scegliere. 

Eh si, paura di finire dritti dritti in tribunale per non si sa quale colpa precisa se non quella di aver cercato di fare il proprio lavoro nel miglior modo possibile. Ma ormai, fare il chirurgo è difficile, anzi difficilissimo con sempre maggiori esposizioni, sempre più timori.

Lo sa bene il presidente dell’Ordine dei Medici e Odontoiatri di Catania, il professore Massimo Buscema che da anni ormai è in prima linea per la difesa della categoria e noi proprio questa mattina gli abbiamo dato la parola.

Presidente, quanto è vero che i giovani medici hanno paura di fare i chirurghi?

“Si è terribilmente vero, i giovani medici quando devono scegliere il corso di specialità da seguire snobbano la chirurgia per la paura di finire in tribunale. Un timore fondato: oltre il 36% delle denunce nei confronti dei dottori riguarda l’ambito chirurgico”.

Quanto si spende ogni anno in Sicilia per ridurre il rischio di contenzioso?

“Il costo della medicina difensiva sulla spesa sanitaria è del 10,5% e sono così ripartiti:1,9% per i farmaci; 1,7% per le visite; 0,7% per gli esami di laboratorio; 0,8% per gli esami strumentali; 4,6% per i ricoveri. In evidenza anche un altro dato, in base al quale il 53% del campione di medici ammette di prescrivere farmaci a scopo “difensivo”. Questo tipo di prescrizioni rappresentano pressappoco il 13% delle prescrizioni complessivamente fatte da un medico; se si mettono nel computo anche le visite specialistiche, le prescrizioni inutili diventano il 21% del totale effettuato dal singolo medico. Per completare il quadro delle prescrizioni vanno infine menzionati gli esami di laboratorio e gli esami strumentali, che contribuiscono in maniera notevole ad incrementare prescrizioni inutili che vanno a gravare sulle spese e sul bilancio del Sistema Sanitario Nazionale (non vi sono studi da parte dello spreco delle risorse regionali) per un ammontare di circa 10 miliardi di euro. Questo diventa un vero e proprio meccanismo di autodifesa da parte del medico sul quale riflettere”.

Si sono verificati casi in Sicilia di medici condannati per colpa non grave?

“Rispondere a tale domanda è molto arduo, tenuto conto che la delimitazione dogmatica tra colpa grave e colpa lieve non è stata chiarita da un punto di vista normativo, giacché il codice penale non prevede una distinzione tra queste due tipologie di colpa e pertanto è il Giudicante chiamato alla ponderazione comparativa di numerosi fattori (la gravità della violazione della regola cautelare, la misura della prevedibilità dell’evento, il possesso di qualità personali utili a fronteggiare la situazione pericolosa ecc. ecc.). Vero è che con l’avvento della legge Balduzzi il medico che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. Ma le difficoltà, per quanto anzidetto, permangono inesorabilmente”.

Come fare a restituire fiducia al cittadino-paziente?

“Un punto fondamentale da mettere in evidenza è il rapporto medico-paziente che negli anni è andato via via modificandosi, e rappresenta il vero fulcro del problema. Bisognerebbe quindi ripensare questo rapporto, particolarmente delicato, che deve tendere per il bene di tutte le componenti in causa. In realtà, tra paternalismo e contrattualismo vi è una terza via, quella della cosiddetta alleanza terapeutica. Com’è noto l’alleanza costituisce un impegno di sinergia tra più alleati per raggiungere un fine comune. Ecco allora che il criterio di alleanza terapeutica, come prima cosa non assolutizza nessuna delle due volontà: né quella del medico (paternalismo) né quella del malato (contrattualismo), ponendosi piuttosto come obiettivo la realizzazione di un fine «comune» cioè il bene del malato.

Infine, mi permetta di ricordare che la non soddisfacente novella (189/2012) in tema di “colpa medica” ha sollecitato l’esigenza del legislatore a re-intervenire con un nuova proposta di assetto normativo. E’ noto a tutti come al momento il DDL Gelli è al vaglio del Senato dopo la prima approvazione della Camera. Ebbene, noi dell’Ordine dei Medici Chirurghi e Odontoiatri della Provincia di Catania, con il particolare contributo del Consigliere Lucio Di Mauro (Medico Legale), ci riteniamo orgogliosi per aver rinvenuto nel DDL taluni aspetti da tempo sollecitati come ad esempio l’introduzione della prevenzione del rischio clinico, della chiamata diretta della Compagnia Assicurativa e il filtro di procedibilità in giudizio dell’ATP (accertamento tecnico preventivo), quest’ultimo precipuamente finalizzato alla deflazione dei processi civili. Così come ancora l’Ordine da anni grida al ruolo fondamentale del CTU che non può essere demandato se non a un Collegio composto dal Medico Legale e dallo specialista della materia trattata, entrambi di comprovata esperienza professionale.

Avremmo preferito che la proposta di legge prevedesse una più netta depenalizzazione della “colpa medica”, ma non per questo la consideriamo una cattiva proposta, meritevole nello stesso tempo di talune limatura e in particolare per quella parte che riguarda la problematica sulla delicata questione della rivalsa da parte delle strutture sanitarie pubbliche nei confronti dei dirigenti medici e che rischia di scontrarsi con profili di chiara anticostituzionalità. Noi riteniamo che la strada giusta sia quella di un sistema assicurativo obbligatorio a “doppio binario”, premesso l’obbligo da parte della struttura sanitaria, obbligo si del professionista medico a contrarre l’assicurazione ma con il pari obbligo di accettare la richiesta di copertura da parte delle imprese di assicurazioni con tariffe preventivamente stabilite e soprattutto abbordabili”.