60 anni di fotografie, incontro con Gigi Petix a Palermo

60 anni di fotografie, incontro con Gigi Petix a Palermo

PALERMO – Domenica scorsa, a poco più un anno dalla pubblicazione del libro “Palermo Petyx”, lo studio fotografico Palermofoto ha organizzato nella sua sede, in via Torquato tasso 4, un incontro con lo storico fotografo Gigi Petyx per parlare di fotografia e di come in 60 anni di carriera sia stato testimone e narratore per immagini dei vari aspetti della città di Palermo, dei suoi abitanti, dei cambiamenti, dei fatti di cronaca eclatanti e dei tanti personaggi che in un modo o nell’altro ne hanno animato la scena.

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Introdotto da Claudia Mirto e Laura Grimaldi, autrici del libro edito da Flaccovio con prefazione di Dacia Maraini e che hanno a lungo lavorato con Petix come croniste rispettivamente al quotidiano L’Ora e al Giornale di Sicilia, l’instancabile veterano ha accompagnato con preziosi aneddoti la visione di una selezione delle 150 foto presenti nel libro, a loro volta estratte dal monumentale archivio accumulato a partire dagli anni 50.

La Maraini lo ha definito “occhio di carne e di ferro” in riferimento alla sua passione e sensibilità poetica unite alla determinazione ed efficienza nel portare a casa la foto, si trattasse di un evento mondano o di uno dei tanti efferati delitti che insanguinarono la città nel periodo delle guerre di mafia.

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Quasi impossibile elencare tutti gli eventi cruciali e i protagonisti che Gigi Petix ha fotografato e le foto che hanno illustrato libri e periodici italiani ed esteri: l’omicidio del boss Michele Navarra, l’arresto di Luciano Liggio, Ninetta Bagarella, l’omicidio del procuratore Pietro Scaglione, il terremoto del Belice, il disastro aereo di Montagna Longa, le marce e i digiuni di Danilo Dolci, i tanti artisti ed intellettuali che frequentavano una città che, uscendo dalla miseria residua dalla seconda guerra mondiale, viveva il boom economico, l’emancipazione femminile e le tensioni sociali delle lotte di classe.

Potrebbe essere il protagonista di un film Gigi Petix; non solo per gli eventi cruciali che hanno fatto da sfondo alla sua carriera ma soprattutto per la passione con cui ha fatto della fotografia la sua vita, ancora scanzonato come il ragazzino dai capelli rossi e coi pantaloncini corti che andò a bottega nel 1953 nello Studio Scafidi e che da allora non ha mai smesso di macinare chilometri a piedi sempre armato di fotocamera per non perdere la possibilità di catturare un dettaglio, un’espressione, un vicolo che attirasse il suo occhio fotografico. Sul campo, nei quartieri più popolari, abbigliato con una sahariana e un cappello bianco tanto da sentire mormorare al suo passaggio “chistu è straniero” o in smoking ad una prima al Teatro Massimo o all’inaugurazione del casinò di Taormina. Non per niente Giuseppe Ferrara lo volle sul set de “il sasso in bocca” per una scena in cui interpretava un reporter inseguito e malmenato da due energumeni fotografati durante un summit.

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Guardando indietro – chiediamo a Petyx – a cosa attribuirebbe maggiormente la costanza e l’efficacia della sua carriera fotografica? Determinazione? Militanza? L’incontro con persone stimolanti in un periodo fertile?

Non riesco ad immaginarmi senza la fotografia. Persino oggi (tira fuori dalla tasca una piccola compatta digitale) ho fatto delle foto lungo la strada per venire qui. Un cartello bizzarro, una statua senza un braccio, sento il bisogno di fissare in immagine tutto ciò che mi incuriosisce e che potrebbe magari servire prima o poi. Che una parte importante della mia produzione fotografica sia legata a fatti di cronaca, si deve al particolare scenario in cui ho vissuto il pieno della mia carriera. In quegli anni i giornali cominciavano a riconoscere la centralità delle immagini per dare le notizie e c’era una grande richiesta da parte delle testate nazionali e non solo, per l’attenzione rivolta ai fatti che si svolgevano a Palermo, in un periodo in cui eravamo ancora in pochi ad uscire dagli studi e a sgangiarci dai ritratti e dalle foto per le cerimonie. Certo l’esperienza con L’Ora è stata qualcosa di assolutamente particolare, transitavano dalla redazione tanti protagonisti del tempo, quasi un pellegrinaggio; ricordo particolarmente Pasolini, l’affascinante Claudia Cardinale, venne anche Luis Armstrong con la moglie”.

I tempi sono cambiati – dice ancora Petyx – sotto tanti aspetti. Spesso si lavora da soli, rimpiango un po’ il clima di complicità che si creava tra fotografo e cronista. Di positivo c’è invece che esistono leggi che riconoscono e tutelano il lavoro del fotoreporter. Una battaglia che ho condotto io stesso nel 1970 assieme tra gli altri al collega Bebo Cammarata“.

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Gigi Petix continua ancora oggi a fornire foto ai giornali come freelance o attingendo al prezioso archivio che gestisce assieme al figlio Igor, anche lui fotoreporter.

Davide Bologna