Risorse siciliane in mano a multinazionali: il caso dell’acqua S. Rosalia

Risorse siciliane in mano a multinazionali: il caso dell’acqua S. Rosalia

AGRIGENTO – Protagonista in diversi settori di produzione e ricca di giacimenti, la Sicilia si colloca tra le prime regioni d’Italia per quantità di risorse a disposizione. Il problema nasce quando tali risorse vanno gestite. Infatti, da anni si sta assistendo ad una incessante svendita dei nostri prodotti a potenti società nazionali e multinazionali.

Un caso che salta agli occhi affrontando questa tematica è sicuramente quello che riguarda l’acqua della fonte Santa Rosalia, nel comune di Santo Stefano di Quisquina in provincia di Agrigento, diventata di quasi esclusiva proprietà del gruppo Nestlè.

Ma riavvolgiamo il nastro. Nell’estate del 2007 la Nestlè otteneva la concessione dalla Regione Sicilia di prelevare per la prima volta dalla fonte Santa Rosalia acqua oligominerale, la “Vera Santa Rosalia”. Il permesso consentiva alla Nestlè di raggiungere, nell’arco di un quinquennio, la produzione di 250 milioni di litri.

In una terra contraddistinta da carenza di acqua, la notizia della presenza di un bacino idrico così importante sembrava una benedizione per tutti gli abitanti della zona. Ma il sogno si spense presto. La scelta di affidare la fornitura alla Nestlè, invece che ad enti pubblici, non venne mai messa in discussione.

L’unico timore delle istituzioni locali consisteva nella grande profondità degli scavi che le macchine della multinazionale avrebbero potuto effettuare, con il rischio di prosciugare troppo le vene sorgive. Il timore si manfestò concreto in quanto nel giro di poco tempo chiunque volesse usufruire di quell’acqua lo avrebbe potuto fare pagandola alla Nestlè.

Nel 2009 la Nestlè avanza la richiesta alla Regione Siciliana di ottenere un’altra concessione per prelevare dalle stesse sorgenti altri 10 litri di acqua al secondo, in aggiunta ai 10 litri già acquisiti al momento della prima concessione nel 2007. L’obiettivo era quello di allargare la vendita su scala nazionale. La richiesta venne inizialmente respinta, ma dopo il ricorso dell’azienda, il Tribunale superiore delle acque di Roma concedeva quanto chiesto.

Un danno enorme per la popolazione locale che tutt’oggi continua a soffrire la mancanza idrica mentre assiste inerme alla vendita di oltre 380 milioni di bottiglie d’acqua Vera all’anno per un giro d’affari di svariate decine di milioni di euro a favore della Nestlè.