Sicilia, i professionisti “poveri” rispetto al nord: 1/3 dello stipendio

Sicilia, i professionisti “poveri” rispetto al nord: 1/3 dello stipendio

PALERMO – La condizione nella quale vertono i liberi professionisti è drammatica. Rispetto al 2007, anno di inizio della crisi economica nella quale è sprofondata tutta l’Italia, gli architetti, gli avvocati e i medici, per citarne solo alcuni, guadagnano quasi il 19 per cento in meno. Inoltre, nel report stilato dall’Adepp, i liberi professionisti siciliani sono secondi solo a quelli della Calabria in termini di povertà”.

Tuonano le parole dell’avvocato Nunzio Luciano, il neo vice presidente vicario dell’Adepp, l’associazione degli Enti Previdenziali Privati, che ad oggi conta più di un milione e mezzo di iscritti tra architetti, ingegneri, medici e avvocati. In sostanza raggruppa 17 casse di previdenza e due di assistenza.

All’indomani della pubblicazione del V report sulla previdenza privata, infatti, il vice presidente Luciano mantiene acceso il campanello di allarme puntato sul reddito medio di questi lavoratori che, anno dopo anno, è sceso sotto i 30 mila euro annui.

“Un libero professionista in Sicilia guadagna uno stipendio annuo pari ad un terzo di un collega stabile in Lombardia o in Trentino – dichiara Luciano -. Si tratta di un dato su cui riflettere anche perché le regioni del sud presentano un Pil inferiore rispetto a quelle del nord: scarse possibilità da confrontare con il numero di liberi professionisti sempre in aumento – aggiunge Luciano –. La scelta di svolgere la professione al sud sembra ‘obbligata’ per entrare nel mondo del lavoro e proprio per questo non stupisce vedere come nelle regioni meridionali il numero di iscritti aumenti del 2,36% mentre in quelle settentrionali diminuisca del 2,18%”.

Per avere un’idea concreta di che cosa stiamo parlando basti pensare al reddito medio professionale degli uomini in Lombardia che è pari 61mila euro e confrontarlo con quelli in Sicilia, cioè 20 mila euro. La situazione diventa ben più grave se si rapporta la condizione dei giovani che non hanno ancora compiuto 30 anni con i sessantenni: un divario enorme in favore dei più anziani.

Non c’è quindi da stupirsi se la nostra nazione viene definita “paese per vecchi” o ancora “maschilista” in quanto c’è da mettersi le mani ai capelli quando il nostro occhio di bue fa luce sulla condizione delle donne.

Giovani o anziane, settentrionali o meridionali che siano, queste ultime guadagnano davvero poco rispetto ai loro colleghi: 34.400 euro in Lombardia contro i poco più che 10 mila in Sicilia.

“Purtroppo le donne pagano lo scotto imposto dal loro lavoro di madri e spesso sono vittima di infondati pregiudizi ma fortunatamente non si sono mai lasciate abbattere, per esempio, rispetto a 20 anni fa, le donne avvocato sono aumentate del 50 per cento – conclude Luciano -. Ciò che il nostro ente propone come soluzione è di far convogliare gli sforzi dei professionisti in attività che possano sbarcare il lunario in un mercato già saturo”.

Insomma prima si parlava di un’Italia a due velocità sia sul fronte geografico che su quello di genere, adesso la paura sempre più forte è che il motore della macchina del sud non riesca proprio più a ripartire.