Legge di stabilità: in arrivo un emendamento che regolerà le trivellazioni in mare aperto

Legge di stabilità: in arrivo un emendamento che regolerà le trivellazioni in mare aperto

SICILIA – La legge di stabilità ha, tramite uno dei suoi emendamenti forse meno conosciuti, bloccato ogni attività estrattiva marittima a distanze inferiori o uguali alle 12 miglia dalla costa.

Questo corollario legale, per così dire, ha indotto alcune regioni italiane (tra queste non figura però la Sicilia) a proporre ai cittadini un referendum abrogativo. Anche se la nostra isola non sembra al momento intenzionata a protestare attivamente contro questo emendamento della legge di stabilità, ciò non significa che manchino a tal proposito polemiche o accese discussioni. Giuseppe Compagnone, senatore siciliano di Alleanza Liberalpopolare – Autonomie, si è infatti così pronunciato sull’argomento: “L’emendamento esclude tutti i permessi ormai rilasciati; non ha quindi valore retroattivo. Sarebbe comunque preferibile che il governo annullasse tutti quei permessi eventualmente concessi che non tengono conto della regola delle 12 miglia“.

Tra i tanti progetti in cantiere potrebbe quindi subire una sospensione il “Vega B” (piattaforma di trivellazione collocata nel bel mezzo del Canale di Sicilia). Ciò significa che, qualora l’emendamento proposto dal governo dovesse diventare legge effettiva, non solo verrebbero bloccati tutti i lavori attualmente in corso entro le 12 miglia dalla costa, ma anche tutti i permessi in qualche modo legati all’urgenza dell’attività estrattiva, ai vincoli d’esproprio delle proprietà private e alle proroghe.

Il coordinamento No Triv, la cui politica sembra in questo momento quella di evitare di arrivare al referendum in materia di trivellazione, ha così commentato l’emendamento: “Sembra inaccettabile che questo emendamento della legge di stabilità possa in qualche modo eliminare strumenti quali la previsione del piano delle aree, mezzo fondamentale per razionalizzare l’attività estrattiva.  Alla lunga ciò potrebbe tradursi nel rilascio di permessi non regolamentati da un preciso piano d’azione. Un secondo emendamento comunque, quello per intenderci proposto dal Coordinamento No Triv e da Di Salvatore, potrebbe restituirci, per così dire, il maltolto. Ci appare ovvio che tali emendamenti mirino ad evitare che le nostre regioni indicano un referendum, ma tutto questo non basta. Forse è più utile che si avviino delle discussioni sulle risorse energetiche che nel futuro il nostro paese potrà produrre ed utilizzare; si deve invertire rotta, muovendosi velocemente verso la transizione energetica“.

Intanto gli esiti dei referendum, già archiviati in Veneto, Liguria, Marche, Molise, Abruzzo, Basilicata e Calabria verranno presto comunicati al Presidente della Repubblica, al Presidente della Corte Costituzionale, ai Presidenti delle Camere e ai Consigli Regionali proponenti. Sull’ammissibilità di tali esiti però dovrà ancora pronunciarsi la Suprema Corte: bisognerà quindi attendere il febbraio del prossimo anno per avere nuove notizie sulla questione delle trivellazioni in mare