Processo Formazione: escluse a sorpresa tutte le parti civili

Processo Formazione: escluse a sorpresa tutte le parti civili

CATANIA – Nei primi giorni di novembre ha avuto inizio il processo che accerterà la gestione della formazione professionale da parte dell’ente di Giuseppe Saffo.

Trentacinque indagati tutti rinviati a giudizio con accuse, a vario titolo, che vanno dall’associazione a delinquere finalizzata alla truffa, peculato, tentata truffa aggravata, ricettazione, ma anche emissione fraudolenta di fatture per operazioni inesistenti

Tra gli indagati Giuseppe Saffo, presidente dell’Anfe di Catania (l’Associazione nazionale famiglie emigrati) e proprietario del Lido “Le Palme” (ex Lido Graziella) di Catania nonché ex segretario provinciale del Sib – Confcommercio (Sindacato italiano balneari).

Il lido della Playa, secondo l’accusa, era finanziato con i soldi incamerati dalla Formazione anche per quanto riguarda gli stessi stipendi dei dipendenti che provenivano dal “giro di soldi” della Formazione. Persino il servizio di ristoro del Lido sarebbe stato organizzato usufruendo del lavoro degli allievi dell’Ente di formazione.

Il procedimento nasce dall’operazione Pandora dell’ottobre del 2013, a seguito della quale venne scardinato il sistema della formazione in Sicilia. Oltre all’A.N.F.E., vennero coinvolti dall’indagine anche altri enti come l’I.S.S.V.I.R., l’A.N.F.E.S. e l’I.R.A.P.S. Venne alla luce un sistema di gestione dei fondi destinati alla formazione professionale, basato su operazioni di dirottamento di decine di milioni di euro.

Un processo che sin dalle prime battute aveva stranito per l’eccessiva affluenza, tra accusati, difensori, parti civili; troppe persone, insomma, per l’aula. Parte civile si erano costituiti, oltre alla Regione Siciliana, anche i lavoratori e le lavoratrici dell’Anfe, ammessi dal GUP Cosentino.

Qualche giorno fa arriva la sorprendente decisione della terza sezione penale del Tribunale di Catania. Con un’ordinanza che capovolge il precedente provvedimento il Collegio giudicante ha escluso tutte le parti civili (tranne la Regione) costituite per ottenere il risarcimento dei danni provocati dalle condotte illecite contestate agli imputati.

In un’aula troppo piccola per contenere tutti i difensori è stata così letta un’ordinanza che stravolge il precedente provvedimento. Nessuna indennità sarà riconosciuta quindi ai tanti lavoratori e tante lavoratrici che, proprio a causa della condotta degli imputati, da mesi non percepiscono gli stipendi.

Oggi, i lavoratori, qualora decidessero di rivolgersi al Giudice civile per ottenere ciò che dovrebbe spettargli, dovrebbero affrontare nuovamente spese legali e lungaggini amministrative.