Maxi sequestro per la Sicilia Inerti

Maxi sequestro per la Sicilia Inerti

BRONTE – Maxi sequestro per la Sicilia Inerti di Bronte. E’ successo lo scorso 16 Luglio, a seguito di un’operazione che ha visto impegnate le forze di polizia appartenenti al gruppo Interforze, istituito presso la Prefettura di Catania, e la Direzione investigativa antimafia. L’azienda edilizia, cui sono stati apposti i sigilli, si occupa principalmente di frantumazione di pietre e minerali lavici e – stando alla ricostruzione della DIA – di una serie di operazioni illecite a forte impatto ambientale. “Era stata rilevata – scrive la DIA – l’illecita realizzazione e gestione di una discarica abusiva di rifiuti speciali all’interno del Parco Regionale Naturale dell’Etna e all’attività estrattiva abusiva di materiale vulcanico in località gravata da vincolo ambientale”. L’area interessata copre un’estensione di circa 400 mq ed un volume stimato di circa 800 mc ed era interamente destinata al “tombamento di rifiuti speciali provenienti da demolizioni edili, sulla quale risultavano scaricate decine di metri cubi di terreno vegetale, al fine di dissimulare la modifica dei luoghi“. Il sequestro, emesso dal Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione – di Catania, su proposta del Direttore della Dia Renato Panvino, comprende un’impresa di frantumazione di pietre, rapporti bancari, quattro immobili ed una decina di automezzi, per un valore stimato di circa tre milioni di euro. Non era la prima volta che la Sicilia Inerti richiamasse l’attenzione delle forze dell’ordine. I l suo gestore, infatti, Antonio Sciacca di 63 anni, pluripregiudicato e associato alla famiglia catanese Santapaola-Ercolano, si era già trovato sotto il mirino degli inquirenti, quando, nel 2004 l’operazione “Tunnel” fece scattare le manette per 23 persone, tra Maniace, Bronte e Cesarò, per reati di associazione mafiosa, finalizzata alla commissione di diversi delitti (omicidio, tentato omicidio, estorsione, furto) e all’acquisizione illecita della gestione e del controllo delle imprese operanti sul territorio. I controlli effettuati sul patrimonio di Sciacca, hanno consentito, poi, di mettere in luce lo squilibrio tra gli investimenti compiuti dall’uomo e dai membri della propria famiglia, e i redditi dell’azienda risultanti al bilancio. Anche la moglie, Barbagiovanni Giacomina, cui formalmente è intestata la ditta, era stata oggetto di attenzione da parte della DIA di Catania.