PALERMO – Una legge sui randagi che rischia di sacrificare gli animali agli interessi economici dei privati, aggravando i bilanci dei Comuni, soprattutto quelli più piccoli, e compromettendo il rapporto uomo-cane.
Così Fabrizio Ferrandelli, assessore del Comune di Palermo con deleghe anche al canile municipale e ai diritti degli animali, ha commentato il disegno di legge approvato nei giorni scorsi dalla Commissione Sanità dell’ARS, ora pronto per la discussione in Aula.
Il provvedimento modifica la legge regionale 15/2022 sul benessere animale e introduce un divieto significativo: i randagi microchippati e sterilizzati non potranno più essere reimmessi sul territorio, ma dovranno essere collocati esclusivamente in strutture private.
Un sistema che penalizza Comuni e associazioni: la legge sui randagi
“Si tratta di misure preoccupanti”, ha dichiarato Ferrandelli all’ANSA. “Se nelle grandi città il randagismo è sotto controllo, nei piccoli Comuni le amministrazioni si affidano alle associazioni animaliste per gestire i ricoveri. Con questa nuova norma, invece, i Comuni non potranno più stipulare convenzioni con le associazioni, ma dovranno affidare il servizio a operatori economici tramite bandi di gara. Questo creerà gravi problemi”.
A Palermo, più che di randagismo si parla di abbandono di animali: ogni anno vengono registrati circa 1.200 ingressi tra cucciolate indesiderate e animali lasciati in strada. Secondo Ferrandelli, il nuovo disegno di legge potrebbe persino aggravare il fenomeno, spingendo i cittadini a liberarsi dei cani in territori meno controllati.
“Già oggi capita che residenti di Comuni vicini, come Monreale o Villabate, abbandonino i cani nelle zone limitrofe alla nostra città. Questa legge potrebbe peggiorare la situazione”, ha spiegato l’assessore.
Un problema economico insostenibile
Oltre agli aspetti etici, la nuova legge potrebbe causare un grave impatto finanziario sui Comuni, soprattutto quelli con meno risorse.
“Affidare ai privati la gestione di un cane costa 4,5 euro al giorno. A Palermo gestiamo in media 100 animali al mese, per una spesa di 13.500 euro mensili e 162mila euro l’anno. Considerando una vita media del cane di 10 anni, il costo totale arriva a 1 milione e 620mila euro“, ha spiegato Ferrandelli.
Un modello insostenibile per le amministrazioni locali, che invece potrebbero contenere i costi affidandosi alle associazioni animaliste per promuovere adozioni e trasferimenti responsabili.
“Oggi, grazie alla collaborazione con le associazioni, riusciamo a gestire la situazione con una spesa minima: 100 euro per il trasferimento dell’animale alla famiglia adottiva. Così otteniamo due risultati: manteniamo i bilanci sotto controllo e favoriamo l’affettività tra uomo e animale“.
Appello per un confronto
L’assessore Ferrandelli ha quindi lanciato un appello alla Commissione Sanità dell’ARS, chiedendo di approfondire il tema con ASP, associazioni animaliste e operatori del settore, valutando attentamente le conseguenze economiche e sociali della norma.
“Un cane ha bisogno di affetto e libertà, non di essere chiuso in una cella di due metri quadrati. Serve un confronto serio per garantire una soluzione equilibrata che tuteli sia gli animali che le amministrazioni locali”, ha concluso.