Lo “scrolling” sui social come minaccia per il cervello, perché si parla di “brain rot”

Lo “scrolling” sui social come minaccia per il cervello, perché si parla di “brain rot”

Abituare il cervello a contenuti troppo leggeri e banali, come quelli facilmente reperibili sui social network. È questo il rischio di un uso eccessivo dei social che, se da un lato offrono svago e leggerezza, dall’altro possono abbassare notevolmente lo standard intellettivo di chi ne fa un uso smisurato. Si può riassumere così il fenomeno del brain rot (letteralmente “marciume cerebrale“), che fa riferimento alle conseguenze del quotidiano scrolling di contenuti sui social.

Cos’è il brain rot

Secondo l’Oxford English Dictionary, il brain rot è “il presunto deterioramento dello stato mentale o intellettuale di una persona, soprattutto come conseguenza di un consumo eccessivo di materiale (in particolare di contenuti online) considerato banale o poco impegnativo“.

Quando è comparso per la prima volta

L’espressione “brain rot” è comparsa per la prima volta nell’Ottocento, precisamente nel libro di Henry David Thoreau in “Walden ovvero Vita nei boschi” (1854).

Il testo è una critica del declino delle facoltà mentali dell’epoca: “Mentre l’Inghilterra si sforza di curare il marciume delle patate, nessuno cercherà di curare il marciume del cervello (brain rot), che si diffonde in modo molto più ampio e fatale?“, scrive l’autore. Un vero e proprio riferimento, il suo, al deterioramento mentale che evidentemente non è una minaccia solo dei giorni nostri.

La parola alla psicologa Valentina Gentile

Proprio per fare chiarezza sul fenomeno, è intervenuta ai microfoni di NewSicilia la psicologa e psicoanalista Valentina Gentile.

  • Quanto influisce sulle proprie abilità mentali lo “scrolling” tra i contenuti social?

Come in altre interviste alle quali ho avuto il piacere di rispondere, inizio chiarendo il significato del termine ‘scrolling‘. Derivato dall’inglese ‘to scroll’ (srotolare), il termine viene utilizzato in informatica per descrivere il movimento di un testo o di un’immagine sullo schermo di un dispositivo, in cui i dati scompaiono da un lato e nuovi contenuti appaiono dall’altro.

Pongo ai lettori questa domanda: ‘Vi è mai capitato di scorrere senza meta tra i contenuti dei social, senza una reale consapevolezza di cosa stiate cercando?’ Questo comportamento, che spesso avviene in modo automatico e senza un’intenzione consapevole, può portare a una navigazione continua tra i contenuti sui dispositivi digitali, senza uno scopo preciso.

Numerosi studi hanno sottolineato gli effetti di un’esposizione prolungata a contenuti brevi e altamente stimolanti sulle nostre capacità cognitive. La continua ricerca di gratificazioni immediate, che caratterizza questo tipo di fruizione, può ridurre significativamente la nostra capacità di concentrazione, alterare la memoria a breve termine e ostacolare la riflessione profonda.

Abituato a un flusso incessante di informazioni rapide e superficiali, il nostro cervello può trovare difficoltà a sostenere attività che richiedono un impegno cognitivo prolungato, creando una sorta di disconnessione tra l’attività quotidiana e quella che implica riflessione e focalizzazione.

Inoltre, l’uso eccessivo di dispositivi digitali ha effetti collaterali anche sul nostro benessere fisico, in particolare sulla qualità del sonno. La luce blu emessa dagli schermi interferisce con la produzione di melatonina, un ormone essenziale per il nostro ciclo sonno-veglia, alterando i ritmi circadiani e riducendo la quantità di riposo ristoratore.

Sebbene non si tratti di un vero deterioramento cognitivo, l’abuso dei social media e della tecnologia digitale ha un impatto tangibile sul nostro benessere mentale ed emotivo“.

  • Quali fattori lo provocano?

Quando ci si abitua a consumare contenuti principalmente stimolanti a livello emotivo o superficiale, come meme o video brevi, il cervello tende ad adattarsi a una forma di ‘bassa attenzione’, che rende difficile concentrarsi su compiti che richiedono sforzi cognitivi prolungati. Questo fenomeno è strettamente legato alla ricerca di gratificazione immediata, che può ridurre la capacità di impegnarsi in attività mentali più complesse o riflessive. Quando il cervello si abitua a ricevere ‘ricompenserapide e frequenti, diventa progressivamente meno incline a dedicarsi ad attività che richiedono maggiore sforzo o tempo. L’esposizione continua a flussi veloci di informazioni e stimoli incessanti può dar luogo a una forma di ‘attenzione frammentata’, in cui risulta sempre più difficile concentrarsi a lungo su argomenti o compiti che richiedono una riflessione profonda.

  • Qual è il confine tra un uso sano dei contenuti sui social, che comunque garantiscono svago e leggerezza, e un “abuso” di storie, reel e video, che possono intaccare le facoltà mentali?

Credo che il confine tra un uso sano e un abuso dei social media possa dipendere dalla consapevolezza con cui interagiamo con i contenuti. Un uso sano potrebbe implicare una fruizione equilibrata, in cui i social media rappresentano anche una fonte di svago e connessione senza compromettere la nostra capacità di concentrarci su altri aspetti della vita.

In questo caso, l’interazione con storie, reel e video sarebbe limitata nel tempo e non interferirebbe con la nostra produttività né con le nostre interazioni reali. Al contrario, l’abuso potrebbe verificarsi quando lo scrolling diventa un meccanismo di evasione, riducendo la capacità di impegnarsi in attività più significative e alimentando la ricerca di gratificazioni immediate, forse a discapito di esperienze più sostanziali.

  • Quali sono le facoltà mentali messe maggiormente a rischio?

Tra i principali impatti, emerge l’alterazione della capacità di attenzione. Questo rapido alternarsi di stimoli potrebbe indebolire la nostra attitudine a focalizzarci su compiti che necessitano di attenzione sostenuta e riflessione.

Un altro aspetto riguarda la memoria, in particolare quella a breve termine. L’elevato flusso di informazioni a cui siamo sottoposti rende difficoltosa l’elaborazione profonda e la memorizzazione duratura, poiché la mente è costretta a gestire stimoli incessanti, spesso senza la possibilità di fissare i contenuti in modo significativo. L’effetto risulta evidente in un’attenzione che si disperde e una memoria che fatica a consolidare le informazioni in modo coerente. L’incessante ricerca di gratificazione immediata, espressa attraverso dinamiche come like, visualizzazioni e commenti, potrebbe incidere sull’autocontrollo.
  • Vivere più la realtà e meno i social è un obiettivo molto diffuso. Come perseguirlo?

L’educazione alla gestione dell’informazione diventa, dunque, un elemento fondamentale per orientare il nostro rapporto con la tecnologia e, di riflesso, con la realtà circostante. In un’epoca in cui siamo costantemente immersi in un flusso di contenuti digitali, la consapevolezza e l’autodisciplina possono essere utili per evitare che il tempo trascorso sui social e sugli schermi in generale comprometta la qualità della nostra vita quotidiana.

Una delle strategie per limitare l’uso eccessivo dei social media potrebbe essere quella di stabilire limiti di tempo per l’uso dei dispositivi digitali, creando così dei “confini” che ci consentano di vivere maggiormente il presente. Ad esempio, è possibile riservare momenti della giornata, come durante i pasti o il tempo trascorso con la famiglia, in cui i dispositivi siano esplicitamente “off-limits”, permettendoci di concentrarci su relazioni interpersonali autentiche e esperienze più concrete.

Parallelamente, investire in attività offline, come praticare sport o dedicarsi a hobby creativi, può offrirci un’esperienza più ricca e appagante, favorendo un maggiore benessere mentale ed emotivo, alimentando la nostra creatività e permettendoci di riconnetterci con noi stessi e con gli altri in modo più profondo. Un altro accorgimento potrebbe essere quello di disattivare le notifiche e fare periodicamente una ‘detox digitale‘, ovvero un periodo di disconnessione dai dispositivi, che aiuta a ridurre la sovraesposizione a stimoli digitali e a creare spazi di silenzio mentale.

Questo tempo di pausa ci potrebbe permettere di rientrare in contatto con il presente, riducendo la sensazione di essere sempre “on” e, di conseguenza, aumentando la nostra capacità di gestire meglio il nostro tempo e le nostre emozioni. Credo che la chiave per un utilizzo sano delle tecnologie risieda nell’approccio consapevole, che ci consenta di garantire che il tempo trascorso online non comprometta il nostro benessere psicologico ed emotivo.

“In alcuni casi però – conclude la psicologa facendo riferimento ai casi più gravi – l’uso dei social può diventare problematico, evolvendo in una vera e propria dipendenza. In queste situazioni, è fondamentale rivolgersi a professionisti che possano offrire il supporto necessario per una presa in carico adeguata, aiutandoci ad affrontare la dipendenza e a ristabilire un equilibrio sano tra la vita online e offline”.