SIRACUSA – Alessio Attanasio, capo dell’omonimo clan mafioso, aveva approfittato di una settimana di libertà dal regime del 41-bis per riorganizzare il proprio gruppo criminale. Un periodo breve, ma che è stato sufficiente ad affidare ruoli chiave a membri fidati per gestire lo spaccio di droga nei quartieri Borgata e via Italia a Siracusa.
Tornato in carcere, aveva delegato alla moglie, Anna Giustolisi, il compito di riscuotere i proventi delle attività illecite, fungendo da trait d’union tra il vertice e l’organizzazione mafiosa. Anna Giustolisi è stata arrestata insieme ad altre ventun persone tra Siracusa e Catania.
Gli indagati sono accusati di associazione mafiosa finalizzata allo spaccio di stupefacenti, detenzione di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegale di armi, con l’aggravante di agevolazione mafiosa e ricettazione.
L’indagine e i dettagli operativi
L’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e condotta dalla Sisco di Catania e dalla Squadra Mobile di Siracusa, è stata definita dal Questore di Siracusa, Roberto Pellicone, “una delle più importanti degli ultimi anni”. Il Questore ha spiegato che l’operazione contribuirà ad “allentare la pressione criminale sul territorio“, in particolare per quanto riguarda il traffico e lo spaccio di droga.
Il ruolo di Catania nel traffico di droga
La droga destinata alle piazze di spaccio di Siracusa proveniva da Catania. Giulio Maurizio Arena e Mario Bonaventura, anch’essi arrestati, rifornivano il clan Attanasio. Le indagini hanno stimato un traffico di circa un chilo di droga al giorno nel quartiere Borgata e due chili in via Italia.
Stando a quanto spiegato dal procuratore Francesco Curcio, il clan Attanasio era in grado di monopolizzare la vita di “piccola comunità” di Siracusa, gestendo il traffico di stupefacenti in regime di monopolio e impedendo l’ingresso di altre organizzazioni criminali. La droga veniva spesso venduta a credito, con pagamenti iniziali parziali e saldo successivo. Chi non pagava o provava a non pagare veniva costretti a saldare le somme con metodi violenti e intimidatori.
Le bische clandestine, “come i Casalesi a Natale”
Oltre allo spaccio, il clan era dedito anche alle bische clandestine sotto la gestione di Franca Di Luciano, seconda donna arrestata nell’operazione. “Si trattava delle classiche bische di un tempo, simili a quelle organizzate dai Casalesi durante il periodo di Natale”, ha spiegato il procuratore Curcio.