CATANIA – Due nuove ordinanze di custodia cautelare in carcere sono state eseguite nell’ambito dell’inchiesta “Centauri” in merito alla sparatoria dell’agosto del 2020 al Librino. La guerra tra i clan mafiosi “Cappello” e “Cursoti Milanesi” causò sei feriti e due morti. Il provvedimento emesso in queste ore ha colpito Alfio Castagna e Salvatore Renè Distefano, accusati di tentato omicidio e detenzione illegale di porto d’armi.
La sparatoria dell’agosto 2020 al Librino
Il provvedimento, emesso dal GI.P. del Tribunale di Catania su delega della Procura Distrettuale della Repubblica (D.D.A) etnea – che ha coordinato le indagini – ed eseguito dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Catania, costituisce l’ultimo tassello, in ordine cronologico, di una articolata vicenda giudiziaria.
Dall’agosto 2020 si sono susseguite quattro ordinanze di custodia cautelare in carcere e una recente sentenza emessa dalla Corte di appello di Catania. Quest’ultima è scaturita dalla complessa operazione investigativa svolta dopo il gravissimo episodio verificatosi nel pomeriggio dell’8 agosto 2020, quando un nutrito gruppo di soggetti, costituito sia da semplici affiliati che da individui ritenuti indiziati di essere esponenti di vertice delle organizzazioni mafiose dei Cursoti Milanesi e del contrapposto clan Cappello, entrambe operanti nel territorio etneo, decideva deliberatamente di affrontarsi con delle armi in strada, causando due morti e sei feriti.
Le indagini sulla guerra tra clan
Nel dettaglio, da successivi approfondimenti investigativi, supportati anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia in merito alla vicenda, è emerso il coinvolgimento degli odierni indagati. Quest’ultimi avrebbero partecipato, secondo la ricostruzione accusatoria, alla sparatoria. Quest’ultima vedeva i due sodalizi criminali sfidarsi l’un l’altro, esplodendo colpi d’arma da fuoco. Alcuni erano contro Martino Carmelo Sanfilippo e Rosario Viglianesi, affiliati all’avverso clan dei Cursoti Milanesi, senza però provocarne la morte.
I collaboratori di giustizia
All’interno di un’indagine articolata e capillare, condotta mediante attività tecnica e di tipo tradizionale, hanno assunto un ruolo rilevante alcuni autori della condotta, poi divenuti collaboratori di giustizia, i quali sono stati esaminati più volte. Sia per la necessità di riscontrare i dati investigativi acquisiti, che al fine di verificare costantemente la stessa attendibilità dei dichiaranti, stimolandone ulteriormente il ricordo per acquisire nuovi elementi utili al quadro investigativo.
I collaboratori di giustizia, ciascuno con riferimento al gruppo criminale a cui era appartenente o si era unito nell’occasione, hanno descritto e raccontato l’antefatto della vicenda. Parlavano del contrasto insorto tra Carmelo Di Stefano (Cursoti Milanesi) e Gaetano Nobile (Cappello). Nonché quello tra Salvuccio Junior Lombardo (Cappello) e Giorgio Campisi (Cursoti Milanesi). Esposte anche le fasi organizzative della spedizione e la dinamica effettiva del conflitto a fuoco.
Il materiale informativo dava, in base alle prime valutazioni giurisdizionali, esito positivo, in base alle risultanze acquisite nel corso delle indagini. Fondamentali inoltre, i risultati degli accertamenti balistici e medico legali, facendo emergere la veridicità delle dichiarazioni dei collaboratori sulla tipologia di armi utilizzate e riguardo le specifiche condotte avute dai numerosi indagati.