RAGUSA – L’ultima fatica letteraria di Giuseppe dei Firrincieli, noto scrittore e commediografo catanese, ma Ibleo di nascita, nonché giornalista facente parte della nostra Redazione, verrà presentata a Ragusa.
Il prof. Giorgio Massari, assessore alle Attività Produttive del Comune di Ragusa, presenterà il libro, nella sala conferenze della Libreria Flaccavento. L’appuntamento è previsto sabato, 30 novembre, alle ore 17,00.
Il titolo del libro richiama l’appello rivolto da Sir William Bentinck che, quale ministro plenipotenziario inglese, dal 1811 al 1814 fece ristabilire il diritto dei siciliani alla loro Costituzione e, sin dal suo arrivo, trattò il problema con il principe ereditario Francesco, dato che il re Ferdinando si era rifiutato a trattare con lui.
L’accordo fra i due si concluse con una frase piuttosto ammonitrice, dettata dal lord inglese: “Occorre che la Sicilia sia siciliana!”. E fu così che il Re Borbone, su pressione di quel Bentinck, il 16 gennaio del 1812, ritiratosi nella Tenuta Reale della Ficuzza, nominò Vicario Generale del Regno il figlio Francesco I dei Borbone.
Così Ragusa, con le sue miniere di pece, e Maniace di Bronte, sede del Castello e del Feudo dei Nelson, diventano, dall’inizio ottocento e fino al 1946, dei punti cardini del controllo economico e geopolitico da parte del Regno anglosassone sulle sorti della Sicilia. Il suesposto tema è ampiamente trattato nel libro che ancora porta un sottotitolo e che fa riferimento ad una drammatica esortazione di Filippo Turati alla Camera dei Deputati, nel 1896: “Date la Libertà alla Sicilia”. E proprio dei suddetti temi, l’autore che non è uno storico, ma un giornalista fortemente curioso della Storia Siciliana, sin dalle sue origini ad oggi, ne fa, in tal libro, un tesoro di notizie tenute fino adesso celate in un forziere.
Questo libro, afferma ancora l’autore, nasce dalla voglia di gridare a tutti i giovani siciliani, anche quelli sparsi per il mondo, di non disperdere la propria identità storica, prima che l’onda lunga della globalizzazione li trasformi in qualunquisti ed ignoranti sulle loro origini. Ed ancora il Firrincieli si pone l’interrogativo: “Esiste una Sicilia con una propria storia e padrona di una propria identità, di una propria lingua, una propria letteratura, una propria ricchezza di opere artistiche e testimonianze classiche del passato; una propria millenaria ricchezza culturale; una propria dote di usi e costumi; il più ricco tesoro al mondo di proverbi; una propria bontà di prodotti della natura, dove delicatezza, profumo, gusto e bellezza, divinamente si fondono; una fantasia unica nell’aver prodotto un’arte culinaria mediterranea di mille e più sapori; una capacità unica al mondo nel saper relazionare visivamente e testualmente, posturalmente, in maniera umorale, anche con un tono vociante ed anche silenzioso, in maniera universale; la prima realtà al mondo a godere delle doti melodiose e danzanti, di cui il grande Androne fu il padre ed il primo testimone; una propria bellezza sognante ed iridea, tutta sicula, che sommi poeti, letterati ed artisti del pennello e della istantaneità hanno immortalato?“ Sì!
La Sicilia e i siciliani godono di dette peculiarità e che non meritano affatto di essere dimenticate ed ignorate. Il grande Fabrizio De Andrè amava ripetere: “Un uomo che perde il dialetto è come un animale che perde il proprio istinto”. Noi siciliani abbiamo una nostra lingua madre da difendere da un italianismo anch’esso in procinto di essere soffocato dall’onda lunga anglista.
Ancora il grande poeta Ignazio Buttitta in “Lingua e dialettu” scriveva: “Un populu/ diventa poviru e servu/ quannu ci arrubbanu a lingua/ addutata di patri: / è persu pi sempri./ Diventa poviru e servu/ quannu i paroli nun figghianu/ paroli/ e si manciunu tra d’iddi./ Mi nn’addugnu ora, mentri accordu la chitarra /du dialettu / ca perdi na corda lu jornu”.
Appuntamento da non perdere!