PALERMO – A 26 anni dall’omicidio di Mico Geraci, sindacalista della UIL e simbolo della lotta contro l’influenza mafiosa nel territorio di Caccamo, il giudice per l’udienza preliminare di Palermo, Lorenzo Chiaramonte, ha disposto il rinvio a giudizio per i fratelli Salvatore e Pietro Rinella.
I due, capimafia del mandamento di Trabia, sono accusati di essere i mandanti del delitto avvenuto l’8 ottobre 1998.
Il processo inizierà il prossimo 23 gennaio presso la Corte d’Assise.
I Rinella avrebbero ordinato l’uccisione del sindacalista per consolidare il controllo mafioso nell’area e favorire Bernardo Provenzano, all’epoca vertice indiscusso di Cosa Nostra.
Una figura scomoda per Cosa Nostra
Geraci, impegnato nella difesa dei diritti dei lavoratori e nella denuncia delle infiltrazioni mafiose nell’amministrazione locale, era percepito come un ostacolo per gli affari di Cosa Nostra.
Inoltre, la sua intenzione di candidarsi a sindaco di Caccamo rappresentava una minaccia diretta al potere dei clan, che da decenni controllavano la gestione delle risorse locali, dalle concessioni edilizie ai contributi agricoli, fino alla distribuzione dell‘acqua.
Secondo le indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo, i mafiosi di Caccamo si rivolsero a Provenzano per chiedere l’eliminazione del sindacalista.
Provenzano diede il via libera, nonostante l’opposizione del capo mandamento di Caccamo, Nino Giuffrè, il quale temeva un’immediata reazione delle forze dell’ordine.
Giuffrè, oggi collaboratore di giustizia, ha dichiarato: “Lo fecero a mia insaputa“.
L’esecuzione e l’eliminazione dei killer
La sera dell’8 ottobre 1998, Mico Geraci fu assassinato con 6 colpi di fucile mentre rientrava a casa.
Gli esecutori materiali, Filippo Lo Coco e Antonino Canu, furono successivamente eliminati dagli stessi clan, considerati “cani sciolti” divenuti scomodi.
Negli ultimi anni, le dichiarazioni di 3 collaboratori di giustizia, Emanuele Cecala, Andrea Lombardo e Massimiliano Restivo, hanno rafforzato il quadro accusatorio.
Cecala riferì confidenze ricevute da un parente di Giuffrè: “Furono i fratelli Rinella, su ordine di Provenzano. Si sentivano di avere carta bianca anche fuori dal loro mandamento“.
Lombardo collegò l’omicidio a motivazioni politiche: “Geraci si stava candidando a sindaco, ed era un rischio per i loro interessi“.
Restivo, infine, ricordò che i killer gli proposero di partecipare all’agguato, presentandolo come un modo per ottenere il comando del mandamento di Trabia.
La battaglia legale
Nel processo, si sono costituite parti civili la famiglia di Geraci, rappresentata dagli avvocati Giuseppe Crescimanno e Armando Sorrentino, la UIL, il Comune di Caccamo, il Centro Studi Pio La Torre e la Regione Siciliana.
Il procedimento, supportato dalle indagini condotte dai carabinieri e dalla richiesta del procuratore aggiunto Marzia Sabella e dei sostituti Giovanni Antoci e Bruno Brucoli, rappresenta un passo importante nella ricerca di giustizia per un delitto che ha segnato la storia della lotta alla mafia in Sicilia.