SICILIA – Suicidi, pressione sociale, il mito dell’eccellenza. Una triade di oscuri pensieri che, soprattutto dopo il lockdown, hanno invaso le menti dei giovani, viscerando ogni positività della vita e spingendo veri e propri ragazzini al gesto estremo.
Spesso non si fa nemmeno caso ai segnali d’aiuto, messi in secondo piano perché “i giovani di oggi non ne hanno problemi” o “si lamentano sempre“, per poi sentirsi increduli e domandarsi come sia potuto succedere.
E quindi ecco come Palermo diventa protagonista di ben due tentati suicidi nel giro di 24 ore.
Numeri di cui nessuno parla
A sottolineare la situazione i dati Istat che hanno riscontrato un aumento dei suicidi in Italia: quasi 4000 casi registrati a monte di una crescita rispetto ai precedenti anni. Tra i 15 e 34 anni, in particolare, la crescita dei suicidi è stata del 16%.
In Sicilia la media annua di suicidi è di quasi 300 ogni anno, con una prevalenza enorme di sesso maschile: sui 260 casi del 2019, 213 sono uomini.
Preoccupano anche le richieste d’aiuto sul fenomeno: cresciute del 55% rispetto al 2020 e quadruplicate dal 2019, prima della pandemia. E soprattutto inquieta la fascia d’età che più effettua chiamate, il 28% delle richieste è infatti arrivato da persone under 26.
Preoccupano i i giovani
Mondialmente il suicidio è la quarta causa di morte tra i giovani– la terza se consideriamo solo le ragazze – con quasi 46 mila casi annui registrati, circa uno ogni undici minuti.
Secondo l’Istat, in Italia sono 220mila i ragazzi tra i 14 e i 19 anni insoddisfatti della propria vita e, allo stesso tempo, in una condizione di scarso benessere psicologico. E proprio su questi dati, scuole, luoghi di lavoro e centri sociali dovrebbero lavorare, cercando di avvicinare i giovani invece di dividerli e tentare di salvare anche chi, ad occhio nudo, appare forte e stabile.
L’indifferenza killer e le prevenzioni
L’indifferenza è uno dei fattori killer di questo tragico sistema, dove solo a posteriori appaiono nitidi quelli che erano segnali anticipatori. Dovremmo dunque porre una maggiore attenzione su soggetti che non riescono ad esporsi al mondo sociale, isolandosi da amici, evitando qualsiasi affetto. Bisognerebbe istruire non solo i giovani, ma l’essere umano, ad acquisire le capacità psicofisiche per riconoscere quando e come poter aiutare qualcuno in difficoltà.
Campanelli d’allarme potrebbero prendere vita da semplici, e a volte dette senza neanche troppo peso, frasi come: “non ce la faccio più“, “a che serve vivere“, seguite da gravi problemi di sonno o dall’abuso di sostante stupefacenti e alcool.
Da tener in mente anche i possibili ed improvvisi cambi di umore che il soggetto potrebbe presentare: passare infatti da un’angoscia totale ad un improvviso sollievo, potrebbe in realtà significare un dato negativo nel soggetto e una concretizzazione più reale del gesto estremo.
Uscire dal guscio
Ciò che dovremmo fare è dunque uscire da questo guscio di individualismo e provare a guardarci intorno, perché viviamo in una società che spreme sempre più i ragazzi, spingendoli ad eccellere ad ogni costo, a non essere mai soddisfatti o realizzati, ribadendo sul: “riposerai quando sarai grande” o forse sarebbe meglio dire “quando sarai morto“, visto che la vita sembra essere diventato una grande maratona, dove è impossibile fermarsi un attimo.
E quindi forse non dovremmo stupirci se il 44% dei teenagers risulta essere continuamente triste e senza speranza verso il futuro. Tenendo in mente tutti questi dati, dovrebbe imporci un solo, grande dogma: non parlarne è il vero suicidio.
Numeri utili
Come sempre, vi ricordiamo che sono attivi alcuni numeri verdi a cui chiunque può rivolgersi per ricevere supporto e aiuto psicologico:
- Telefono Amico 199.284.284;
- Telefono Azzurro 1.96.96;
- Progetto InOltre 800.334.343;
- De Leo Fund 800.168.678.