RAGUSA – È in dirittura d’arrivo il processo dell’operazione “Plastic Free”, realizzata nell’ottobre 2019 (qui per approfondire): questa è stata condotta dalla Squadra mobile di Ragusa e Catania e coordinata dalla Dda di Catania.
Ieri il Pm della Dda, Alfio Gabriele Fragalà, ha pronunciato la requisitoria davanti al Tribunale collegiale di Ragusa, concludendo con richieste di condanna in primo grado per un totale di 150 anni e 9 mesi di carcere.
Le analisi delle prove
Fragalà ha iniziato la sua analisi delle prove a sostegno delle tesi accusatorie. Il punto di partenza è stato l’evidenza di una trasformazione nelle dinamiche operative delle organizzazioni mafiose. Oggi si riscontra una crescente interconnessione con l’imprenditoria, basata su collusioni e accordi economici. Nonostante l’evoluzione, queste realtà mantengono un forte potere intimidatorio.
Al centro dell’indagine si trova il settore della filiera e del riciclo della plastica, particolarmente rilevante nella zona di Ragusa. Qui la produzione in serra è dominante, da tempo oggetto di interessi criminali. Il Pm della Dda ha ricostruito il profilo delle persone coinvolte nell’operazione, delineando infine i ruoli nelle richieste di condanna.
Legami tra imprenditoria e clan nel Ragusano
I gruppi coinvolti nell’accordo criminale comprendono imprenditori, soggetti intimidatori e raccoglitori di plastica. Fragalà ha approfondito i legami tra Giovanni Donzelli, imprenditore della SIDI, e esponenti mafiosi come Claudio Carbonaro e Carmelo Dominante.
Questi legami includevano la condivisione di risorse logistiche, come rifugi per latitanti, e il riciclaggio di denaro illecito. Le dichiarazioni di collaboratori di giustizia e alcune intercettazioni hanno confermato tale connessione. Il figlio di Donzelli, Raffaele, ha invece precedenti per bancarotta fraudolenta, usando diverse denominazioni per la SIDI.
Il ruolo intimidatorio di Carbonaro e D’Agosta nell’accordo criminale
Oltre a Donzelli e al suo gruppo, ci sono figure come Claudio Carbonaro e Salvatore D’Agosta. Carbonaro, uomo d’onore della “cosa nostra” di Palermo, è stato uno dei fondatori della “stidda”, responsabile di numerosi omicidi negli anni ’80 e ’90.
Successivamente è divenuto collaboratore di giustizia. D’Agosta, esponente di un clan rivale, rappresenta insieme a Carbonaro la “forza intimidatrice” dell’accordo. La famiglia Minardi, storicamente dedita alla raccolta della plastica, completa il gruppo criminale.
Il piano di Donzelli per eliminare la concorrenza
La tesi accusatoria sostiene che le aziende di Donzelli mirassero a eliminare un concorrente. Per farlo, avrebbero usato la forza intimidatoria di Carbonaro e D’Agosta e la capacità operativa dei Minardi.
Fragalà definisce l’accordo come una struttura criminale ben organizzata, vantaggiosa per tutti i partecipanti: Donzelli acquisisce una posizione dominante, i Minardi possono raccogliere plastica senza concorrenza, mentre Carbonaro ottiene una percentuale del 5% sul giro d’affari.
Per la Procura, l’accordo, seppur senza intimidazione diretta, mostra vantaggi evidenti per i partecipanti e danneggia la concorrenza. I reati contestati includono estorsione, intimidazione e traffico illecito di rifiuti.
Richieste di condanna
Le condanne richieste dal Pm includono:
- 22 anni per Claudio Carbonaro;
- 16 anni e 8 mesi per Salvatore D’Agosta;
- 16 anni e 3 mesi per Giovanni Donzelli.
Seguono sanzioni pecuniarie per alcuni imputati.
Tra i reati contestati c’è anche il traffico illecito di rifiuti, per cui Francesco Farruggia, Giovanni Longo, Andrea Marcellino e Luciano Pazzoni sono stati accusati.
Alcune posizioni, come quelle di Gaetano Tonghi e Salvatore D’Agosta, sono state prescritte. Nelle prossime udienze, sarà la volta delle difese prima che il Tribunale emetta la sentenza di primo grado.