TRAPANI – Il 14 ottobre 2024, la Corte d’Appello di Palermo ha scarcerato 9 dei 10 imputati considerati fedelissimi di Matteo Messina Denaro, boss di Castelvetrano.
Il provvedimento è stato adottato per la scadenza dei termini di custodia cautelare, nonostante la condanna, ma la Corte, presieduta dal giudice Sergio Gulotta, ha imposto il divieto di dimora in Sicilia e ulteriori misure restrittive.
Il provvedimento della Corte d’Appello
Il divieto di dimora è stato notificato ai 9 imputati dai carabinieri di Trapani.
La decisione ha accolto la richiesta della procuratrice generale Lia Sava e del sostituto Carlo Marzella, applicando la misura cautelare a Nicola Accardo, Giuseppe Tilotta, Paolo Bongiorno, Calogero Guarino, Vincenzo La Cascia, Raffaele Urso, Andrea Valenti, Filippo Dell’Acqua e Antonino Triolo.
Unica eccezione per Angelo Greco, che ha interamente scontato la pena e non sarà soggetto a ulteriori restrizioni.
Le parole del giudice Gulotta
Nel provvedimento, il giudice Gulotta ha evidenziato come “non risulta acquisito alcun elemento tale da far ipotizzare nei confronti degli imputati, una loro presa di distanza rispetto alla compagine associativa criminale di appartenenza, ovvero una cessazione dei rapporti con essa e dal sottostante senso di appartenenza, sicché va ribadita nella specie la persistenza delle esigenze cautelari, che legittima peraltro l’applicazione di misure restrittive non detentive anche con provvedimento successivo e distinto rispetto a quello di remissione in libertà per decorrenza di termini“.
Le misure cautelari
Oltre al divieto di dimora, è stato imposto anche il divieto di espatrio per tutti gli imputati.
A questi si aggiungono altre misure restrittive: l’obbligo di non uscire di casa dalle 20 alle 8 del mattino e di presentarsi quotidianamente presso una caserma per firmare.
La vicenda giudiziaria
Le scarcerazioni sono state il risultato di un lungo iter giudiziario.
La Corte d’Appello ha dovuto riesaminare la precedente sentenza a seguito di un annullamento da parte della Corte di Cassazione.
La Suprema Corte non aveva riconosciuto alcune aggravanti, il che ha portato a una riduzione dei termini di custodia cautelare da 9 a 6 anni.
Nonostante la scarcerazione, la Corte d’Appello ha ritenuto necessario mantenere misure di controllo a causa della mancanza di elementi che dimostrino un effettivo distacco degli imputati dall’organizzazione criminale.